Rifiuti Roma, via al rimborso Tari: «Servizio su strada mai effettuato»

Rifiuti Roma, via al rimborso Tari: «Servizio su strada mai effettuato»
di Adelaide Pierucci
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Domenica 16 Febbraio 2020, 15:41 - Ultimo aggiornamento: 15:44

La raccolta dei rifiuti non funziona, i romani hanno diritto al rimborso della Tari. Ora c'è un precedente a discapito di Ama. La municipalizzata dell'ambiente del Campidoglio dovrà rimborsare un ristoratore di Cinquina che era stato costretto a pagare 14.845 euro per quattro anni di Tari, dal 2013 al 2016, per un servizio porta a porta mai eseguito.

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Di fronte all'attività, in via di Tor San Giovanni, infatti, non erano nemmeno stati scaricati i bidoni per la raccolta, tanto che, per smaltire l'immondizia, il proprietario del locale, attuale ricorrente nella battaglia per un costo equo a fronte del caos rifiuti, era costretto ogni giorno a percorrere quattro chilometri coi fagotti carichi di scarti. Ma l'Ama non intendeva transigere sul rimborso, pur ammettendo il servizio non svolto.

A disporlo, su ricorso del ristoratore, è stata onvece la Commissione Tributaria provinciale di Roma. I giudici - presidente Luigi de Ficchy, giudice estensore Carlo Villani - hanno disposto che l'importo del rimborso dovrà essere calcolato tenendo conto della riduzione del 60 per cento del tributo per il 2014, 2015, 2016. E del 50 per cento per il 2013, visto che quell'anno era attivo il servizio di raccolta tradizionale e non ancora il porta a porta. Il risultato: il ristoratore ha ora diritto a riavere almeno ottomila euro.

La sentenza emessa pochi giorni fa è chiara: «Alla luce dei principi di diritto - si legge - questo Collegio ritiene che nel caso di specie sussistono tutti i presupposti di legge per far sorgere il diritto al rimborso, volto a indennizzare il contribuente dei danni derivanti dalla mancata erogazione del servizio di raccolta di rifiuti porta a porta».

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LA MOTIVAZIONE
«Il ricorrente, infatti, si è visto - spiega la motivazione - costretto a provvedere autonomamente a raggiungere il più vicino punto di raccolta di rifiuti, ossia i cassonetti su strada, distanti ben oltre i quattro chilometri dal luogo di esercizio della attività di ristorazione». Ne deriva, viene poi precisato, che nel caso di specie trova piena applicazione la legge 147 del 2013 (comma 647) che prevede una riduzione del 60 per cento dell'imposta dovuta, atteso che l'immobile della società ricorrente insiste in una zona in cui non è effettuata la raccolta e che il punto più vicino dista chilometri». La difesa di Ama, che puntava al riconoscimento del pagamento del tributo sul presupposto «della mera detenzione dell'immobile idoneo a produrre rifiuti», a prescindere se il servizio di raccolta fosse effettuato o meno, non ha funzionato. Anzi è stata stroncata.
 



Ama avrebbe motivato, secondo i giudici, con «argomentazioni sommarie il provvedimento» in cui non voleva restituire quanto dovuto all'utente, attribuendo le criticità sulla gestione della raccolta dei rifiuti come aveva sostenuto «non alle attività svolte dall'azienda stessa, quanto piuttosto a contingenti problematiche connesse all'intero ciclo di gestione dei rifiuti, nonché, in alcuni casi, al non corretto conferimento dei rifiuti medesimi da parte dell'utenza».

Con il procedimento è caduto facilmente anche il fatto che l'onere della prova del mancato svolgimento del servizio spettasse al contribuente. Sono stati gli stessi incaricati Ama, nell'ottobre 2018, a consegnare i bidoncini per la differenziata una volta accertato il mancato recapito al ristoratore. Anzi i bidoni sono stati forniti con le ruote, considerato che impedimenti urbanistici renderebbero difficoltoso il passaggio dei camioncini per la raccolta.

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