Lazio, bollette e materie prime: impennata dei costi. Le imprese in ginocchio

Il conto salato di elettricità e gas: nel Lazio 75mila aziende sono in pericolo

Lazio, bollette e materie prime: impennata dei costi. Le imprese in ginocchio
di Fabio Rossi
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Mercoledì 13 Aprile 2022, 00:11 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 20:12

C’è l’azienda vinicola che non può imbottigliare il rosso appena prodotto, per la carenza di vetro disponibile sul mercato; il pastificio costretto ad aumentare i prezzi, per il costo del grano; la ditta di spedizioni in difficoltà con l’impennata delle spese per gli imballaggi. E tante altre realtà economiche di Roma e del Lazio a rischio stop, temporaneamente ferme o già chiuse. Tutto a causa della crisi energetica, che ha messo in crisi i conti di tante aziende, alle prese con la moltiplicazione degli importi delle bollette di corrente elettrica e gas, legando una pesante zavorra sulla schiena della ripresa economica del territorio. Secondo i dati dell’ufficio studi di Unindustria, infatti, il 15 per cento delle imprese attive nella regione ha già fermato la produzione, o sta lavorando a singhiozzo, e almeno il doppio rischia di fermarsi nei prossimi mesi, se la situazione non migliorerà.

LE CIFRE

A essere colpito dalla crisi energetica - partita da tempo, ma notevolmente peggiorata dalla guerra in Ucraina - è un tessuto imprenditoriale molto dinamico, come quello di Roma e del Lazio, che a fine 2021 contava 479.986 imprese attive (dalle piccole partite Iva alle grandi aziende) secondo i dati di Infocamere.

Circa 75 mila, quindi, sono quelle che stanno già incontrando serie difficoltà a portare avanti la normale produzione, vista la crescita esponenziale dei costi sostenuti e, soprattutto in alcuni settori, le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime. «Siamo entrati nel 2022 con buone prospettive sia per il Paese, sia per la Regione Lazio e sia per Roma - sottolinea Angelo Camilli, presidente di Unindustria, intervenuto ieri a Coffee Break su La7 - In questo momento viviamo da un lato una difficoltà delle imprese, per la situazione di emergenza per la guerra ed economica, ma contestualmente le imprese hanno ordini da portare avanti che non riescono a evadere e abbiamo una congiuntura buona a Roma e nel Lazio».

LA SITUAZIONE 

Insomma, la Capitale e il suo territorio di riferimento vivono una situazione, al limite del paradosso, in cui ci sono tutte le condizioni per un robusto rilancio dell’economia, frenato però da problemi esterni. «Abbiamo davanti dieci anni in cui sono ripresi gli investimenti pubblici e con grandi eventi, come il Giubileo 2025 e la candidatura di Expo - spiega Camilli - ci sono prospettive positive, ci auguriamo che la guerra finisca il prima possibile». La grande preoccupazione delle imprese «è l’aumento dei costi dell’energia, il gas e l’energia elettrica - ribadisce il leader di Unindustria - i costi dell’energia sono aumentati di sei sette volte nell’arco di un anno, il gas è cresciuto di circa dieci volte. Il mondo manufatturiero, in particolare, sta sopportando dei costi insostenibili».

LE RICHIESTE

Gli industriali di Roma e del Lazio chiedono quindi «provvedimenti a breve termine per dare respiro alle imprese: tra questi quello di mettere un tetto al prezzo dell’energia elettrica che riuscirebbe anche a limitare l’aspetto speculativo. Non dimentichiamo che questo aumento è nato prima dello scoppio della guerra, e che il conflitto lo ha acutizzato». Il tema energetico è legato a doppio filo con quello delle fonti rinnovabili: «Oggi in Italia ci vogliono circa cinque anni per ottenere una autorizzazione per il fotovoltaico - ricorda Camilli - Quindi non mancano gli investimenti privati, il problema è che è tutto bloccato. Da un lato diciamo che con il Pnrr dobbiamo andare verso la transizione ecologica, dall’altra parte blocchiamo tutto. Questo è insostenibile». Anche nel Lazio «soffriamo della stessa problematica - aggiunge - C’è potenzialità ma abbiamo norme regionali che di fatto stanno bloccando e rallentando gli investimenti».

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