La conclusione dell'operazione arriva dopo due anni di indagini che si sono concentrate su amministratori ed operai delle società coinvolte, i quali, in maniera organizzata, ritiravano irregolarmente presso orologiai, a Roma e nel Nord Italia, batterie esauste di orologi.
Quelle contenenti ossido di argento venivano avviate, mediante utilizzo di formulari falsi, al recupero presso un centro di trattamento rifiuti in Toscana che corrispondeva agli indagati ingenti somme di denaro con bonifico bancario. Il profitto ingiusto derivante dalla commercializzazione illecita di tali rifiuti ha fruttato un ingiusto profitto pari a circa 1.200.000 euro. Le pile esauste non recuperabili, al litio ed alcaline, venivano, invece, stoccate illecitamente nei locali delle aziende interessate.
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