Arte, Raffaello sull'Appia Antica: una mostra svela la passione del Divin Pittore per l'antico

Arte, Raffaello sull'Appia Antica: una mostra svela la passione del Divin Pittore per l'antico
di Laura Larcan
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Venerdì 18 Settembre 2020, 11:47
La grande lezione di Raffaello sulla tutela dell’Appia Antica. Fu il Divin Pittore il primo ad intuire l’importanza vitale di conservare i monumenti dell’antichità, a partire dalla Regina Viarum. Ed è da questo principio storico che si dipana la piccola ma bella (e intensa) mostra organizzata dal parco archeologico dell’Appia Antica, guidato da Simone Quilici, allestita nella villa di Capo di Bove (visitabile dal giovedì alla domenica, ore 9-18,30, ad ingresso gratuito, produzione Electa).
 
 


La mostra, dal titolo “La lezione di Raffaello. Le antichità romane”, curata dalla storica dell’arte Ilaria Sgarbozza, prende spunto idealmente dalla famosa - leggendaria - lettera che l’artista scrisse con l’intellettuale, studioso, scrittore Baldassarre Castiglione, indirizzata a papa Leone X, in cui sollecita il pontefice de’ Medici all’urgenza della conservazione del patrimonio antico (la versione della “minuta” dell’Archivio storico di Mantova è stata esposta in occasione della mostra su Raffaello alle Scuderie del Quirinale). Una Lettera, come ricorda la curatrice, che non è stata mai pubblicata, doveva essere propedeutica alla redazione di una pianta monumentale di Roma, ma che è rimasta documento privato. E riscoperta solo alla metà del Settecento.

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Il percorso espositivo concentra una serie di opere e documenti rari e preziosi che echeggiano la fortuna della Lettera di Raffaello e il rapporto tra l’artista con il patrimonio di Roma. «In realtà non abbiamo documentazioni sulla presenza di Raffaello sull’Appia, ma ad emergere è proprio la sua lezione ideale che riverbera attraverso l’opera dei suoi discepoli più diretti», racconta Ilaria Sgarbozza. Un esempio su tutti, è la presenza del manoscritto di Pirro Ligorio, l’architetto, disegnatore, paesaggista, vicino a Raffaello, che realizzò i rilievi di tutti i monumenti dell’Appia Antica, anche quelli che ora sono scomparsi, come il Tempio di Proserpina al III Miglio, nella proprietà di Erode Attico, oggi scomparso. «E’ la prima volta che il volume viene esposto a Roma, prestito prezioso da Napoli. Con un sistema multimediale il pubblico può eccezionalmente sfogliare tutte le pagine del volume fitte di disegni e relazioni autografe», spiega Sgarbozza. In mostra, il volume è aperto proprio sulla pagine dedicata al Tempio perduto di Proserpina. Il percorso intreccia una serie di temi legati a Raffaello. Ad evocare la fortuna della Lettera a Leone X spicca l‘incisione di Johannes Riepenhausen, artista del gruppo dei Nazareni a Roma, che ritrae Raffaello nel Foro mentre illustra a Leone X le antichità. E ancora la traduzione in inglese della Lettera ad opera di William Roscoe nel 1805.

«La fortuna di Raffaello come maestro insuperabile di pittura viene raccontata anche dal disegno di Ingres in cui riproduce l’opera di Raffaello, la Vergine dei Candelabri, nella collezione di Luciano Bonaparte, prestito arrivato dal museo di Montauban - racconta Ilaria Sgarbozza - Raccontiamo anche il tema di Raffaello come personaggio di riferimento del romanticismo storico, con opere come il grande dipinto che immortala Raffaello e la Fornarina nella villa Farnesina. C’è poi un piccolo capitolo dedicato all’apertura del sepolcro di Raffaello al Pantheon nel 1833, per indagarne i resti, quando storicamente si radunò tutta la comunità artistica dell’epoca. La Roma austera riconosce l’importanza della memoria dell’artista sommo, come racconta un quadro di Francesco Hayez».

Una mostra allestita a Capo di Bove, un contesto non scelto a caso. «Mi piace che a Capo di Bove, in questa sede considerata la casa della tutela con l’archivio di Antonio Cederna, venga ospitata una mostra che celebra il padre della tutela del patrimonio antico», commenta Simone Quilici. «L’idea che si debba conservare il passato per affrontare il futuro non è stato così scontata, è grazie a questi personaggi che si può rivendicare il diritto alla memoria», conclude Carmela Ariosto, archeologa del parco dell’Appia Antica.
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