Non è stato solo il Covid a far rintanare in casa Stefania (nome di fantasia, ndr), rimasta chiusa tra le sue quattro mura di un appartamento di Roma Sud. Esce per fare la spesa e per comprare giusto quello che le serve per sopravvivere. Campa di pensione, ha perso i contatti con i suoi familiari e incontrarla è davvero difficile. Schiva, non percepisce che c’è qualcosa che non va. È una delle circa 10.000 persone che dalla Caritas romana stimano tra quelli che fanno barbonismo domestico. In pratica, fanno i barboni in casa propria. Accumulano e mettono da parte, si trascurano, non si lavano, escono raramente, non hanno praticamente più rapporti sociali. Individuarli è davvero molto difficile.
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Luca Mordocca, della Caritas di Roma, ha il compito di coordinare tutta quella rete di volontari che cerca, in qualche modo, di aiutarli grazie a un’iniziativa messa su dal 2018 su stimolo del Dipartimento politiche sociali di Roma Capitale.
«Mi piace “collezionare cose” e non le voglio buttare, tutto qui», dice la donna. Non vuole far vedere casa sua e così va via, vestita con sciarpa, cappello e cappotto pesante, con i capelli non curati, il viso stanco. «In cinque anni di attività abbiamo notato tante situazioni, tutte diverse - prosegue Mordocca - Ci sono tante persone precipitate in un baratro di solitudine per lutti, separazioni, perdite di lavoro, momenti complessi della vita». In questa galassia c’è anche chi compulsivamente accumula cose e ne riempie casa. «Nel IX municipio, ai ponti del Laurentino, c’era una persona che metteva da parte palloni da calcio, basket, baseball. Il suo sogno era quello di raccoglierli e di andare in Africa per donarli». Una storia dal cuore nobile, non un vero e proprio disturbo mentale. «Stava passando un momento difficile», continua il responsabile del progetto per la Caritas capitolina.
COME FARE
Spesso sono i familiari a chiedere aiuto, quando vedono che un loro nonno, una loro zia, una nipote, si chiudono nel loro mondo delle mura domestiche. La rete sociale, in questo caso è fondamentale. «Se si nota per esempio che c’è una persona che rifugge dalle relazioni sociali, che vive con un po’ di incuria, che preferisce non lavarsi, questi sono tutti campanelli d’allarme per i loro amici o parenti. Ed è qui che c’è bisogno di un supporto - prosegue Mordocca - Il Covid ha peggiorato le situazioni, il fenomeno è diventato trasversale: non riguarda i poveri ma anche liberi professionisti e professori. Tocca quartieri insospettabili, come Prati, San Giovanni, il centro, ma anche l’estrema periferia come Tor Bella Monaca». A piazza Vittorio, poco tempo fa, è morto un uomo, italiano, pensionato. «Non faceva nulla durante il giorno, aspettava noi per uscire. Era entrato in una crisi profonda dopo il suo pensionamento». Come Stefania, ci sono Patrizia, Maria, Isabella, Lionella. Storie diverse, raccontate in un video, “Assenza di presenza” che Caritas ha voluto realizzare con loro per dire che, comunque, dal tunnel della solitudine è possibile uscire.
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