Gianmarco Pozzi, una carriola riapre il giallo del kickboxer romano morto a Ponza. I familiari: «Fu ucciso»

Vicino al luogo dove fu rinvenuto il cadavere è stata trovata una carriola: si esamineranno le impronte

Gianmarco Pozzi, una carriola riapre il giallo del kickboxer romano morto a Ponza. I familiari: «Fu ucciso»
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Domenica 2 Luglio 2023, 13:38 - Ultimo aggiornamento: 16:23

Nuovo colpo di scena a Ponza sulla morte di Gianmarco Pozzi: la Guardia di Finanza ha sequestrato una carriola rinvenuta in un terreno adiacente la proprietà in cui, quasi tre anni fa, il 27enne romano fu trovato cadavere, con evidenti ferite alla testa e in altre parti del corpo. Il piccolo veicolo a mano, usato soprattutto da muratori, manovali, contadini, per trasportare materiali a breve distanza, riaccende i riflettori su una testimonianza rimasta al vaglio della Procura di Cassino, titolare dell'inchiesta aperta per omicidio. Una testimonianza indiretta, resa da un uomo che ha riferito ai familiari del 27enne di aver appreso che una donna, il 9 agosto 2020, di primo mattino, ancora prima che fosse rinvenuto il cadavere del ragazzo, aveva notato lungo via Staglio alcune persone che trasportavano su una carriola una persona con le gambe penzolanti all'esterno del piccolo mezzo. Sarebbe stata la stessa a fare questa confidenza all'uomo, per poi ritirarsi in silenzio per paura di ritorsioni.

 


La carriola è stata sequestrata il 29 giugno scorso, su disposizione della Procura di Cassino. A rinvenire il piccolo veicolo a mano, abbandonato in un campo, ricoperto dalla vegetazione, è stato Paolo Pozzi, padre di Gianmarco, Gimmy per tutti, che nel giorno dei Santi Pietro e Paolo è tornato a Ponza per commemorare la morte del figlio, andando a visitare il luogo in cui fu ritrovato con la testa fracassata.
«Scendendo per via Staglio ha spiegato il signor Pozzi mi sono appartato per cambiarmi la maglietta, perché avevo sudato molto. Quando mi sono voltato ho visto la carriola. Se non fossi venuto a conoscenza del racconto della testimone, non avrei mai dato peso a questo oggetto. Allora ho chiamato la Guardia di Finanza. Sono arrivati subito sul posto e poi, sentito il magistrato di turno, hanno sequestrato la carriola e l'hanno portata via».
Paolo Pozzi si è poi dovuto trattenere sull'isola, ancora qualche ora, per mettere a verbale la sua versione.

Da quanto si apprende, i militari stanno effettuando accertamenti sulla proprietà della carriola. "Chiederemo alla Procura di Cassino ha dichiarato l'avvocato Fabrizio Gallo, legale della famiglia Pozzi - rilievi scientifici sul mezzo sottoposto a sequestro, con decreto del pubblico ministero, e nomineremo un nostro consulente per prendere parte agli accertamenti. Riteniamo che questo rinvenimento sia una svolta nell'inchiesta per l'omicidio di Gimmy". 

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Nove mesi fa, il Reparto Investigazioni Scientifiche dell'Arma dei carabinieri, presso la sede di via Tor di Quinto a Roma, ha effettuato accertamenti tecnici sui reperti rinvenuti sul cadavere di Gianmarco Pozzi: quattro filtri di sigarette non fumate, due marca Camel e due marca Chesterfield, uno scontrino relativo all'acquisto di mannite risalente a fine luglio 2020, un pezzo di cellophane con tracce di sostanze stupefacenti, un pezzo di carta assorbente tipo Scottex sporca di sangue, formazioni pilifere, e tracce di vegetali miste a terra; il tutto contenuto in una busta di plastica nascosta negli slip del 27enne. "La Procura di Cassino ha commentato l'avvocato Gallo - aveva disposto esami di natura biologica, anche irripetibili, al fine di risalire ad eventuali profili di Dna. Ma ad oggi non abbiamo alcun esito sugli accertamenti svolti dal Ris. Ritenendo che la carriola, unitamente all'esistenza di un testimone oculare, possa dare un nuovo impulso alle indagini che, nella fase iniziale, hanno presentato molte ombre". 

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Sul corpo di Gimmy non fu eseguito l'esame autoptico. La salma del giovane fu restituita alla famiglia, dopo esame esterno. Per il medico legale, incaricato dalla Procura, la sua morte era compatibile con una precipitazione da un'altezza di tre metri, avvenuta mentre il 27enne era strafatto di cocaina. Incaricato dalla famiglia Pozzi, il professor Vittorio Fineschi arrivò a tutt'altre conclusioni, riconducendo il decesso ad una brutale aggressione.

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