Ponza, le ultime ore di Gimmy, un testimone: «Non era strafatto, fino alle 7 ero con lui»

Ponza, le ultime ore di Gimmy, un testimone: «Non era strafatto, fino alle 7 ero con lui»
di Rita Cammarone
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Sabato 9 Gennaio 2021, 10:44 - Ultimo aggiornamento: 19:03

“Sono stato insieme a Gimmy fino alle 6.45, ma dalle 9 in poi non ha più risposto al telefono”. Entra nel vivo, con nuove testimonianze, l’inchiesta della Procura di Cassino sull’omicidio di Gianmarco Pozzi, il 28enne di Roma, ex campione di kickboxing, morto a Ponza la domenica mattina del 9 agosto scorso. Nei giorni scorsi i carabinieri della Compagnia di Formia hanno sentito diverse persone informate dei fatti, in particolare un giovane barista del posto che il sabato precedente la tragedia si era recato sull’isola pontina per il week end.

I militari dell’Arma, su delega del Pm Marina Beatrice Siravo, titolare dell’inchiesta, hanno convocato il ragazzo di Formia, rintracciato a seguito dell’esame tecnico sull’IPhone della vittima.

Ripetute le chiamate rimaste senza risposta provenienti dall’utenza del barista. Come mai tanta insistenza? Il ragazzo, ascoltato nella caserma di Formia per ben quattro ore, ha riferito di aver trascorso la serata del sabato nella discoteca Blue Moon, dove Gianmarco Pozzi lavorava come buttafuori insieme ai suoi coinquilini, e di essersi intrattenuto con lui ed altre persone, dopo la chiusura del locale, fino all’alba nei pressi del porto di Ponza. Massimo il riserbo degli inquirenti sui dettagli della testimonianza acquisita, ma da indiscrezioni trapela che il barista, secondo la sua versione, dalle 9 in poi del mattino avrebbe più volte provato a telefonare a Gimmy (Gianmarco Pozzi) con il quale aveva un appuntamento per saldare un piccolo debito di droga, maturato appena poche ore prima. 


Il ragazzo di Formia, infatti, avrebbe ammesso di aver chiesto a Gianmarco e a uno dei suoi coinquilini, anche quest’ultimo presente al porto di Ponza, qualche dose di cocaina. Secondo la versione fornita dal testimone, quindi, i tre si sarebbero incamminati verso l’abitazione in cui i due buttafuori alloggiavano e detenevano la sostanza stupefacente. A fornire al barista le dosi richieste, sempre secondo la sua versione, sarebbe stato materialmente il collega di Gimmy, entrato e uscito di casa allo scopo, mentre a prendere accordi per saldare il conto sarebbe stato Gianmarco. L’intenzione era di rivedersi più tardi.

 
«Quando sono andato via dall’abitazione mancava un quarto alle 7 del mattino e Gianmarco era perfettamente lucido, stava bene. Ma quando l’ho chiamato, alle 9, lui non mi ha più risposto al telefono». Questo in sintesi il passaggio chiave che andrebbe a smentire le varie versioni fornite dai coinquilini di Gianmarco, in primis quella in base alla quale l’ex campione di kickboxing sarebbe rincasato poco dopo la chiusura della discoteca, intorno alle 4, «già strafatto di cocaina, scambiando gli alberi per semafori», e in secondo luogo quella che in casa tutti dormivano mentre Gimmy moriva cadendo accidentalmente, in preda a paranoie, in fondo ad un’intercapedine in mezzo a un vigneto, in località Santa Maria, alle 11 del mattino.

Ad anticipare di un paio d’ore il decesso di Gianmarco Pozzi, inizialmente fissato alle 11, orario in cui i proprietari dell’abitazione a ridosso dell’intercapedine hanno sentito il tonfo e allertano i soccorsi, è stata la testimonianza degli operatori del 118 recentemente riascoltati dai carabinieri. Ad essere convocati in caserma sono stati l’infermiera e l’autista dell’ambulanza giunta sul posto quella tragica domenica mattina. In particolare, l’infermiera ha riferito che alle 11.05 il corpo del ragazzo, con la schiena piena di rovi e una vistosa ferita alla testa, presentava una certa rigidità, come se fosse morto da alcune ore. Una testimonianza che va nella direzione dell’ipotesi avanzata dagli investigatori della famiglia Pozzi, rappresentata dall’avvocato Fabrizio Gallo, ovvero che il 28enne è stato gettato nell’intercapedine quando era già morto. In particolare il professor Vittorio Fineschi, che a breve depositerà in Procura la sua perizia medico-legale, ha già anticipato che Gianmarco «ha subito un pesante pestaggio prima di finire in quel luogo angusto, con l’osso del collo rotto e un evidente scalpo sulla testa».
 

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