Pugile morto a Ponza, un'altra perizia: «Gianmarco fu colpito forte al petto»

Pugile morto a Ponza, un'altra perizia: «Gianmarco fu colpito forte al petto»
di Vittorio Buongiono e Rita Cammarone
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Domenica 10 Gennaio 2021, 09:51 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 10:14

«Un edema polmonare provocato dalla compressione del torace contro il muretto della sommità dell'intercapedine». Questa una delle conclusioni a cui è giunto il professor Vittorio Fineschi, il responsabile dell'istituto di Medicina legale del Policlinico Umberto I di Roma nominato consulente dalla famiglia di Gianmarco Pozzi, il 28enne di Roma, ex campione di kick boxing, morto a Ponza il 9 agosto scorso.

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Nella sua perizia, che sarà depositata domani presso la Procura di Cassino, che ha aperto un fascicolo per omicidio contro ignoti, viene confutata la relazione della dottoressa Daniela Lucidi, incaricata dal sostituto Maria Beatrice Siravo nell'immediatezza del tragico evento, inizialmente attribuito ad una caduta accidentale del pugile in uno spazio angusto tra il muro di contenimento di un terreno e una parete esterna della sottostante abitazione, nella zona di Santa Maria. La dottoressa Lucidi, sulla base del solo esame cadaverico esterno e del test tossicologico, ha concluso sostenendo la compatibilità delle ferite riscontrate sul corpo del giovane con una caduta dall'alto e un'intossicazione acuta da cocaina con dosaggi «compatibili con lo sviluppo di allucinazioni e deliri».

Un fungo schiumoso rinvenuto all'interno del cavo orale della vittima è stato attributo alle conseguenze di un'overdose da cocaina.


LA NUOVA PERIZIA
Un'ipotesi questa che il professor Fineschi smentisce attraverso una diversa conclusione. Il consulente della famiglia Pozzi, che sul caso si è dovuto basare soltanto sulle fotografie del cadavere scattate sul tavolo dell'obitorio, poiché dopo l'esame esterno la salma è stata dissequestrata e cremata, ha ritenuto che la formazione schiumosa sia invece attribuibile ad un edema polmonare acuto massivo. Edema provocato dallo schiacciamento del torace contro quel maledetto muretto, durante un pestaggio della vittima colpita da un corpo contundente. Una circostanza che spinge il legale dei familiari del giovane pugile «A ritenere che il giovane sia precipitato o esanime, e quindi impossibilitato a pararsi con braccia e gambe, o già morto», come spiega l'avvocato Fabrizio Gallo. Altro punto focale della relazione del professor Fineschi riguarda la controperizia dell'esame tossicologico. Secondo l'autorevole docente di Medicina Legale dell'università La Sapienza, il quantitativo di cocaina assunto dal 28enne, per il suo ricorso assiduo alla stessa sostanza stupefacente, non era tale da poter provocare allucinazioni e deliri come descritte nella perizia medico-legale della dottoressa Lucidi.

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L'ORARIO DELLA MORTE
Il professor Fineschi, inoltre, avrebbe collocato il decesso di Gianmarco tra le 6.30 e le 9.30 del 9 agosto 2020, sulla base delle macchie ipostatiche presenti sul corpo e riscontrabili dai rilievi fotografici eseguiti. La collocazione della morte a un'ora e mezza prima del rinvenimento del cadavere nell'intercapedine, alle ore 11, è in linea con la testimonianza dell'infermiera del 118 intervenuta sul posto, riascoltata recentemente dai carabinieri su delega della Procura, che ha riferito che il corpo presentava alle 11.05 già una certa rigidità, escludendo quindi che potesse essere morto pochi minuti prima. L'anticipazione dell'orario del decesso, rispetto alle ipotesi iniziali, dà sostanza anche alla testimonianza del barista di Formia, acquisita nei giorni scorsi dai carabinieri, che ha detto di essere stato con Gianmarco fino alle 7 meno un quarto ma che alle 9 non gli rispondeva già più al telefono. Una testimonianza, quest'ultima, che non collima con le versioni fornite dai colleghi buttafuori della discoteca Blue Moon e coinquilini del 28enne nell'alloggio di Ponza.
«Martedì mi recherò a Cassino ha affermato ieri l'avvocato Gallo, che coordina le indagini difensive attivate dalla famiglia Pozzi per chiedere al Pm, la dottoressa Siravo, di assumere provvedimenti nei confronti di chi ha fornito false testimonianze, contribuendo sin da subito a nascondere l'omicidio».
 

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