«Mandolesi uno - tutti gli altri niente». L'addio della curva al radiocronista

Da Renato Zero che chiamava "fratellino" ai volti noti e amati dalla Roma

«Mandolesi uno - tutti gli altri niente». L'addio della curva al radiocronista
di Romolo Buffoni
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Mercoledì 14 Febbraio 2024, 09:23

Il volto noto che non ti aspetti di vedere nella Basilica del Sacro Cuore Immacolato di Maria, a piazza Euclide, è quello di Renato Zero. Ma c'era anche lui ieri mattina a dare l'ultimo saluto ad Alberto Mandolesi, giornalista sportivo per mezzo secolo "voce" della Roma nelle radiocronache delle partite e nei talk show televisivi, scomparso domenica a 76 anni di età. Renato Zero, che Mandolesi chiamava "fratellino" con cui condivideva l'amore per la musica visto che Alberto (fan sfegatato dei Beatles) suonava il basso ed era autore di testi. Nella folla di circa 500 persone (e tante auto in divieto di sosta puntualmente multate da due vigilesse), i volti degli ex calciatori giallorossi Sebino Nela, Fabio Petruzzi, Stefano Desideri, Odoacre Chierico, Angelo Di Livio e dei tifosi romanisti dei club della curva Sud che all'uscita del feretro hanno intonato i cori del vecchio Commando Ultrà accendendo fumogeni giallorossi. E c'era la Roma, rappresentata da Luca Pietrafesa e Gianni Castaldi dell'ufficio comunicazione del club, e sul versante della tifoseria da Airc (Associazione Italiana Roma Club) e Utr (Unione Tifosi Romanisti).

 

 

Derby dell'amicizia

Romanisti e non solo. Perché lo stile pacato, sempre improntato al fair play di Mandolesi, ha generato il "miracolo sportivo" di vedere in chiesa anche chi ha il cuore biancoceleste (in gioventù fu coautore del testo di Inno alla Lazio cantata da Aldo Donati, ormai ribattezzata "So già du ore"). Così a rendergli omaggio c'erano gli ex giocatori Bruno Giordano e Massimo Piscedda. Qualcuno indossava la sciarpa biancazzurra, tramutando le navate della Basilica in un pezzo di stadio Olimpico colorato come in uno dei tanti derby raccontati con l'emozione e la paciosità di Mandolesi. Le lacrime allora hanno rigato i volti di giornalisti romanisti come Daniele Lo Monaco, Max Leggeri, Lamberto Giorgi, Gabriele Fasan, Valeria Biotti, Francesca Ferrazza e come quelli laziali di Michele Plastino e Guido De Angelis. A portare il saluto dell'intera categoria, ci ha pensato il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Lazio Guido D'Ubaldo storica penna del Corriere dello Sport: «Alberto era pubblicista ma solo per sua scelta, perché questo difficile mestiere sapeva anche insegnarlo. Come fece con me, spiegandomi come comportarsi con i giocatori, piuttosto che con gli allenatori». «Il destino ha voluto che noi salutassimo Alberto nella giornata mondiale della radio. Non poteva essere altrimenti, visto che lui per primo nel 75 portò quel modo di fare radio in questa città», ha ricordato Vincenzo Capua, cantante (figlio del dottor Pino presidente della Commissione antidoping della Figc anch'egli presente in chiesa e anch'egli tifoso della Lazio) e amico di Michele, figlio di Alberto del quale ha letto una lettera. «Alberto avrebbe detto "ma avete visto quanta gente? Pazzesco!". Avrebbe esagerato "saranno in 100 mila". E avrebbe salutato uno per uno, intrattenendosi con aneddoti e racconti. Era fatto così e non era fazioso, come testimoniano i tanti amici di fede rivale che sono presenti. Oggi lo salutiamo a modo suo, gridando "Mandolesi uno - tutti gli altri niente"», che era il suo modo di dare il risultato quando la Roma sconfiggeva i rivali senza lasciargli nemmeno la gioia del gol della bandiera. All'uscita, cori e fumogeni giallorossi come allo stadio. Poi, purtroppo, la linea è dovuta tornare allo studio.
 
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