Tor Bella Monaca, quei sogni negati ai giovani ostaggio di quattordici clan

Poche decine di persone decidono su vita e speranze di un intero quartiere

Tor Bella Monaca, quei sogni negati ai giovani ostaggio di quattordici clan
di Cecilia Lavatore
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Giovedì 4 Aprile 2024, 06:30

Chi ha paura di Tor Bella Monaca? Ad oltre quarant'anni dalla sua costruzione, il quartiere romano continua ad essere una delle periferie più complesse e ingovernabili del Paese, specchio degli equilibri irrisolti di un'intera società che del suo degrado è partecipe ed in molti casi complice, basti pensare a chi acquista e consuma la droga che da lì proviene.

Nato in risposta all'emergenza abitativa del boom economico, è ad oggi il quartiere più giovane di Roma in termini anagrafici, l'unico in cui il tasso di natalità supera quello di mortalità, e tuttavia è anche quello dove c'è il più alto tasso di abbandono scolastico. È il luogo più "pubblico" d'Italia, con l'82% del totale delle case destinate ad essere alloggi popolari, eppure è anche il luogo del Paese dove per eccellenza mancano spazi pubblici, condivisi e accessibili.

IL CORTOCIRCUITO

Il nervo scoperto della città è qui: tra siringhe, carcasse di elettrodomestici e cimiteri di automobili, all'uscita 17 del Grande Raccordo Anulare finisce Roma, sul margine orientale della Capitale, 12 chilometri ad est del Colosseo. È qui che fa cortocircuito la macchina capitolina e si autoalimenta sottotraccia un sistema di ricatti, violenze e sopraffazione, tra colossi di cemento e spazi di verde che diventano spazi di vuoto, in un territorio-ghetto sviluppato per lo più in verticale, secondo quei tristemente noti esperimenti di edilizia popolare che si sono rivelati per lo più fallimentari.

Qui si apre Via dell'Archeologia, il grande snodo dello spaccio su larga scala, lo spaccio dei "grossisti", e qui sorgono le torri: ventuno parallelepipedi grigio stinto di quindici piani ciascuno all'ombra delle quali, tra cortili, seminterrati e corridoi nascosti, (ma anche alla luce del sole), agiscono per lo più impunemente quattordici clan della criminalità organizzata, poche decine di persone che tengono in ostaggio il resto della comunità civile, 13.500 abitanti circa sfiduciati e scoraggiati da troppi decenni di promesse mancate, indifferenza e abbandono da parte delle istituzioni. È una popolazione vittima della povertà assoluta che la spinge tra le braccia del crimine.

L'illegalità prolifera nell'indigenza, supplisce alle carenze dello Stato e crea un sistema di "welfare mafioso" in grado di assicurare la sopravvivenza di tante famiglie.

I PRIMATI

Tor Bella Monaca detiene diversi record che la dicono lunga sullo stato dell'arte: il più alto numero di condanne sul totale della popolazione (una persona su venti è ai domiciliari e il 30% ha precedenti penali), un tasso di disoccupazione tre volte più alto del resto di Roma, migliaia di richieste di sussidi statali, non ultimo l'astensionismo politico che esprime tutti i mancati appuntamenti tra amministrazioni e cittadinanza. Del resto, chi è costretto a non riconoscersi in una comunità è portato a trascurarne le sue rappresentanze e ad auto escludersi dall'esercizio dei propri diritti, come anche dei propri doveri.
Non è raro sentir dire da chi vive a Tor Bella Monaca «devo andare a Roma» quando si sposta al di fuori di quel piccolo perimetro urbano, ma non è forse Roma anche quella?

LA RASSEGNAZIONE

In una zona che nei primi due decenni dalla sua fondazione è stato teatro di lotte civili significative e determinanti, oggi si assiste piuttosto alla diffusione di una rassegnazione endemica contrastata da coraggiose e inarrendevoli "parti sane" della popolazione che resistono strenuamente alla tossicità della malavita e alla narrazione banalizzante che di essa si fa: "narcoquartiere", "Bronx romano", "supermarket della droga", sono solo alcune delle etichette appiccicate sopra il nome di Tor Bella Monaca e di chi ne è figlio. In molti se possono scappano, ma c'è chi resta e coltiva il "vizio della speranza", portando avanti battaglie di civiltà con risposte artigianali ai bisogni urgenti della gente, anche e soprattutto di socialità e solidarietà.
Le realtà virtuose presenti: le scuole, il teatro, la chiesa, le associazioni, le biblioteche e i poli culturali sono luoghi dove ciò che accade fa meno notizia, ma nei quali, a dispetto di tutto, si coltiva bellezza. Gli insegnanti, gli educatori, gli assistenti sociali, i volontari - sempre troppo pochi rispetto alle esigenze - sono l'altra verità su cui contare, da sostenere a tutti i costi, per sradicare il crimine alla radice e offrire al volto giovane di Tor Bella Monaca un altro futuro.
 

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