Roma, sorelline arse vive: seferovic, la verità da un accendino

Roma, sorelline arse vive: seferovic, la verità da un accendino
di Michela Allegri
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Giovedì 8 Giugno 2017, 07:59 - Ultimo aggiornamento: 08:03

Una distrazione che potrebbe costare cara al killer di Centocelle. Gli esperti della Scientifica hanno trovato un accendino sul luogo della strage e la procura sospetta che a perderlo sia stato proprio l'uomo che ha lanciato una molotov sul camper dove dormiva la famiglia Halilovic, bruciandolo e uccidendo tre sorelle, dopo avere acceso la bottiglia incendiaria.

 

Ora, le prove per incastrare Serif Seferovic, il ventenne fermato su richiesta della procura di Roma l'1 giugno, ma lasciato a piede libero dal gip di Torino per mancanza di gravi indizi, si cercano con l'analisi delle impronte digitali impresse sullo zippo. Si tratta di un accertamento irripetibile, iniziato due giorni fa. Le tracce trovate sull'accendino perso a Centocelle verranno confrontate con le impronte di Serif. Verranno esaminati anche i resti biologici rinvenuti sui frammenti della molotov e nel camper usato dai killer, un Fiat Ducato bianco, intestato al fratello del ventenne, che è pure lui indagato.

IL FURGONE
La presenza del veicolo sul luogo dell'agguato, nella notte tra il 9 e il 10 maggio, è uno dei punti fermi dell'inchiesta. Il mezzo è stato riconosciuto dagli investigatori perché ha entrambi i fanali del lato destro rotti e una fiancata sporca di vernice verde e coperta da un adesivo rettangolare. Gli agenti della Squadra Mobile hanno anche ricostruito il tragitto fatto dal furgone, acquisendo i filmati delle telecamere di sorveglianza della Capitale. Il Fiat Ducato di Seferovic è transitato in via Prenestina alle 3.16 di notte, circa 8 minuti dopo l'omicidio. Ha percorso un tratto di strada lungo 4 chilometri «in circa 5 minuti», tempo compatibile con una partenza dal parcheggio di Centocelle, «vista l'ora notturna ed essendo via Prenestina un'arteria ad alto scorrimento», si legge in un'informativa datata 29 maggio.

L'ACCUSA
Il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e il pm Antonino Di Maio, titolari del fascicolo, sono certi della colpevolezza di Serif e sono pronti a sollecitare i colleghi di Torino a impugnare il provvedimento con cui il giudice, pur convalidando il fermo, ha disposto la scarcerazione del ventenne. I reati contestati sono omicidio plurimo, tentato omicidio e detenzione di un'arma da guerra. Le dichiarazioni dell'indagato, rese durante l'interrogatorio di convalida, hanno convinto il gip, ma non la procura. Per il giudice, infatti, non è chiaro se Serif sia l'esecutore materiale dell'agguato, o se a lanciare la molotov sia stato un altro componente della famiglia Seferovic, un clan che aveva avuto pesanti screzi con gli Halilovic.

Nel provvedimento, infatti, si legge che alcune circostanze meriterebbero un approfondimento investigativo. Il killer di Centocelle, ripreso dalle telecamere di sorveglianza del centro commerciale, è magro e di altezza compresa tra 1,83 e 1,86 metri, proprio come Serif. «Anche mio fratello Renato è alto e magro, tutti in famiglia siamo alti e magri», ha però dichiarato il ventenne. Per il gip, agli atti dell'inchiesta mancherebbero accertamenti approfonditi sulle fattezze degli altri componenti di sesso maschile della famiglia Seferovic.
 

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