Per la vedova Pezone, Rachele Valente, per anni amministratrice del mitico marchio, l'accusa di aver partecipato a una bancarotta che a catena avrebbe lasciato sul lastrico lavoratori e fornitori. Le stesse accuse erano state rivolte ai figli (allora soci dell'azienda) Domenico, Antonietta e Chiara Pezone, attuali gestori dell'attività, che, assistiti dagli avvocati Cesare Placanica e Massimo Lauro, sono stati però assolti con formula piena, uscendo a testa alta dallo scandalo. Il pm aveva chiesto anche per loro 5 anni di carcere.
LA VICENDA
Ma la storia giudiziaria parte da lontano. Tra il 1987 e il 1989, quando Rachele Valente e il marito «acquistavano con due società la Edil Rossi sas (dichiarata fallita poi nel 2002) e la Piavem di Torri Salvatore sas (fallita nel 1997) praticamente l'intero stabile sito tra via Pellegrino Rossi, via dello Statuto e piazza Vittorio, ove nei piani più bassi era svolta l'attività commerciale della storica ditta Mas, mentre gli appartamenti ai piani superiori venivano destinati ad abitazione dei componenti del nucleo familiare dei Pezone, mediante l'accensione di mutui fondiari per 11,5 miliardi di lire con la Bnl dei quali non pagavano nemmeno la prima rata».
Gli stessi, poi «costituivano nel 1989 la Mas srl che assumeva la gestione dell'attività e che, modificata nella denominazione di Linus srl nel 1999, veniva dichiarata fallita con sentenza del tribunale di Roma nel 2001 con una serie di atti e l'intervento di società, perseguivano l'intento di mantenere il possesso degli immobili e dell'azienda senza pagare alcun corrispettivo». Col risultato, si precisa, di «accumulare utili di ammontare non precisato lasciando accumulare debiti verso fornitori e enti impositori». Questo il quadro iniziale della procura. Che poi fa luce sul passaggio del patrimonio nel 1992 a una società amministrata dal nipote della signora Valente per il corrispettivo di 14,5 miliardi per l'accollo del mutuo «dichiarato pagato prima del contratto ciò che rendeva più difficoltosa l'azione esecutiva del creditore insoddisfatto, la Bnl». Tant'è che passano 5 anni e il ramo d'azienda, ossia Mas, viene ceduta ai tre fratelli Pezone - che a detta dell'accusa, poi caduta - per un paio d'anni hanno cominciato a vendere fino al sottocosto per ridurre il valore delle immobilizzazioni e del magazzino da 11 miliardi a 612 milioni di lire. Mas intanto, al di là degli annunci di chiusura, è sempre aperto, domenica inclusa.