Regione, lite sulle nomine: la guerra delle opposizioni apre il bis di Zingaretti

Regione, lite sulle nomine: la guerra delle opposizioni apre il bis di Zingaretti
di Simone Canettieri
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Giovedì 5 Aprile 2018, 08:02 - Ultimo aggiornamento: 08:10

«Forza Italia? Sono io, er numero uno», se la ride, madido di sudore, Adriano Palozzi, felice di aver fatto le scarpe al collega Pino Simeone. Entrambi, il primo gasparriano e il secondo tajaneo, erano candidati alla carica di vicepresidente dell'Aula. Altra inquadratura: spicca una folta chioma riccia. «Roberta Lombardi? Si dimostra ancora una volta divisiva: ma non finisce qui, faremo pulizia etnica», dice, a più riprese, ma sempre ulcerata dalla rabbia, Valentina Corrado, grillina fatta fuori dall'ufficio di presidenza e già pronta al ricorso «perché mancano le donne». Intanto, in un altro angolo, Stefano Parisi sembra perdere l'aplomb del top manager. Si spinge gli occhiali sul naso e, dopo la dichiarazione di rito, mette su una smorfia quasi di disgusto: «Ma come si fa a spaccarsi così, ma dove andiamo? Ma dai», lui dovrebbe essere il leader della coalizione di centrodestra, che invece è esplosa e implosa qui, in via della Pisana, nella sede del consiglio regionale, architettura da ospedale sovietico con lunghi corridoi trompe-l'il.
Come nei migliori ecosistemi impazziti, i piccoli piranha si mordono tra di loro e lasciano in pace la balena bianca. Nell'aula-acquario, il governatore Nicola Zingaretti si gode lo spettacolo. Non apre mai la bocca, si limita agli applausi.

I NOMI
Risultato centrato. Tutto come da pronostico: alla fine si porta a casa l'elezione del presidente dell'Aula, il Pd Daniele Leodori al terzo tentativo, appena scende il quorum. Ma soprattutto capisce che la sua assicurazione sulla vita sono le opposizioni. Nonostante abbiano i numeri per mandarlo a casa, nonostante «l'orizzonte della giunta Zingaretti sia ristretto», sottolinea Parisi. Sarà. Di sicuro nessun dei consiglieri ieri ha dato l'impressione di essere pronto a togliere il disturbo. Tra opposizione costruttiva, responsabili della prima e seconda ora. L'unico fuori dal coro, solitario e tenebroso, Sergio Pirozzi. Nel segreto del catafalco, montato al centro dell'Aula, si compiono i destini del presidente Leodori (che poi citerà Andreatta e Osho e prometterà una stretta ai vitalizi). Alla terza chiamata prende i necessari 29 voti (4 fondamentali gli arrivano da Forza Italia, da M5S scheda bianca). Poi quando bisogna eleggere i vice la faccenda diventa divertente. L'accordo tra Zingaretti e Lombardi regge: così arrivano 5 voti (zingarettiani) in più al grillino Devid Porrello. Discorso diverso dentro Forza Italia, che si spacca tra Palozzi e Simeone. L'indicazione ufficiale del centrodestra sarebbe per il secondo e quindi dovrebbe prendere 15 voti. Ma alla fine, come confessa Palozzi, «ho anche io qualche amico nel Pd» (renziani) e in più il gruppo si spacca. Finisce 11-9. Clima frizzantino anche sull'ultima elezione, quella dei segretari d'aula: eletti Michela Di Biase (Pd), Gianluca Quadrana (lista Zingaretti, papillon rosso), il leghista Daniele Giannini che finisce ex aequo con la grillina Corrado (ma passa perché più anziano) che rimprovererà a Lombardi di non averle trovato un voto in più nel centrosinistra, con Lombardi che a fine serata parlerà di questa situazione con Luigi Di Maio. Si litiga così bene qui, che nessuno se ne vuole andare.
 

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