L'aggressione è avvenuta poche sere fa al centro della piazza, sotto lo sguardo indifferente di almeno trenta persone. «Nessuno di loro - racconta amareggiato l'agente - ha raccolto la richiesta di aiuto della donna». E neanche la sua. Neppure quando il suo volto era diventato una maschera di sangue e, nonostante le ferite, continuava a lottare. Colpi violentissimi, arrivati dopo che i due si sono diretti, mezzi nudi, verso l'agente che intimava loro di ricomporsi. «Tornatene in macchina - è stata la risposta - dei nostri genitali facciamo quello che ci pare». Poi gli hanno spaccato una bottiglia di birra in testa. L'agente, disarmato e libero dal servizio, è crollato a terra.
A quel punto i due hanno cominciato a infierire per 15 lunghissimi minuti: calci, pugni, ferite procurate dalla bottiglia rotta. Quando il poliziotto ha trovato la forza di rialzarsi e bloccare uno di loro, ha urlato a chi continuava ad assistere impassibile: «Aiutatemi ho il sangue negli occhi», ma nessuno è intervenuto.
«Ho agito istintivamente da padre, prima che da poliziotto - racconta - Ho fatto quello che avrebbe fatto qualunque papà, marito, fidanzato. Mi hanno sorpreso, però, l'indifferenza e l'immobilità della gente. Serve una maggiore coscienza civile. La donna che ha dovuto assistere a quegli atti osceni poteva essere la mamma, la fidanzata, la moglie di chiunque. Lo Stato siamo noi, e lo dico da cittadino. C'è bisogno di più senso di appartenenza». Solo una ragazza è intervenuta. Quando sono arrivate le pattuglie dei commissariati Appio e San Giovanni, che l'ispettore, travolto da quella violenza, non aveva avuto il tempo di chiamare, il moldavo 36enne, C. A. è stato ammanettato. Due giorni fa è stato fermato anche D. S., il suo connazionale di 37 anni.
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