Roma, parla il killer di Ponte di Nona: «Mi sono difeso»

Roma, parla il killer di Ponte di Nona: «Mi sono difeso»
di Ilario Filippone
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Venerdì 20 Novembre 2015, 23:50 - Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 16:51

«Ho sparato per difendermi», Vincenzo Fidale, 30 anni, calabrese, ammette davanti al gip, che ieri a Bologna ha convalidato il suo fermo, di avere premuto il grilletto e ucciso Fabrizio Ventre nello scontro a fuoco al Prenestino, dove ha perso la vita anche Mirko Scarozza. L'uomo resta in prigione. «Dovevo difendermi - ha raccontato - poi sono scappato e ho gettato la pistola nel fiume Aniene». L'uomo, difeso dall'avvocato Fausto Bruzzese, è il nipote del mammasantissima Vincenzo Longo, l'autorevole padrino della Piana di Gioia Tauro. Da un mese a questa parte, si aggirava armato fino ai denti per le vie di Roma.

La notte di lunedì 26 ottobre, stando a una prima ricostruzione, era in via Follerau, al Prenestino.

Quando ha visto l'amico Mirko Scarozza stramazzare al suolo, ha risposto agli spari, centrando alla testa Fabrizio Ventre. Poi, per non lasciare tracce, ha ripulito la scena del crimine ed è scappato. Tre sere fa, è stato acciuffato a Bologna dai militari dell'Arma.

LE INDAGINI

Le indagini sono coordinate dal procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani. I carabinieri del Nucleo investigativo di Frascati e della compagnia di Tivoli, si stanno dando un gran da fare per trovare le armi utilizzate durante la sparatoria. I sommozzatori del Nucleo subacqueo si sono immersi nel fiume Aniene, ma delle pistole nessuna traccia. In un primo momento, gli inquirenti avevano avanzato l'ipotesi passionale. Le furiose liti tra Mirko Scarozza e Fabrizio Ventre, malviventi di periferia, non lasciavano spazio a dubbi sul movente dell'agguato. I due amavano la stessa donna, si contendevano una ragazza di 23 anni, Martina. Lei aveva lasciato Fabrizio per andare a convivere con Mirko. La sera prima di morire ammazzati, secondo il racconto della madre della ragazza, si erano incontrati per chiarirsi. Poi, con il passare delle ore, si sono aperti nuovi scenari.

La presenza del calabrese Vincenzo Fidale sul luogo del delitto ha insospettito gli investigatori, che stanno sondando anche la pista della droga. Il 30enne è un fedelissimo del clan Longo, lo zio è ritenuto un boss, il padre è stato coinvolto nell'ambito dell'inchiesta sul crac del Parma calcio: «Ad innescare la miccia è stata la gelosia, io ho soltanto risposto al fuoco per difendermi», ha riferito l'indagato al gip. Sarà una battaglia in punta di diritto. Oltre all'avvocato Fausto Bruzzese, l'uomo ha nominato un secondo difensore, il penalista Cesare Placanica. I legali sembrano orientati a sostenere la legittima difesa.

LE TESTIMONIANZE

C'è una testimone oculare, una donna ha assistito alla sparatoria, e il suo racconto è importante per ricostruire le fasi di quella notte di sangue. Lo scorso lunedì, Fabrizio Ventre si è appostato sotto casa dell'ex compagna, attendendo l'arrivo di Mirko. Con lui, forse, c'era un'altra persona. Di certo, i due non erano soli in via Follerau: «Resta in piedi anche la pista della droga, ha ribadito un inquirente». I militari dell'Arma non vogliono lasciare nulla d'intentato. Per definire il movente, sono state sentite diverse persone, altre saranno convocate a breve. Ventre, 35 anni, disoccupato, era ai domiciliari per una storia di estorsione.