«Il tram oggi è un telefono a disco nell’era dei cellulari»: bocciatura senza appello da parte di chi i tram li ha creati. In una delle piccole città, per giunta, che la lobby filotranviaria addita come esempio virtuoso di quanto siano belli questi mezzi antiquati, rumorosi e inefficienti. L’ingegnere Antonio Conte, che nel 2007 fu direttore generale della Aps Holding, società che gestiva il trasporto pubblico locale di Padova: fu lui a portare il primo tram in città. E oggi è un “pentito” di questa tecnologia.
«Sono passati 20 anni abbondanti, tutto il mondo della mobilità è cambiato.
«I principali problemi dei tram? Tram o filobus hanno bisogno di un impianto fisso di trasmissione. Questo vuol dire fare le sottostazioni e intervenire sulle proprietà per gli agganci. Oggi le batterie hanno uno sviluppo molto interessante per il trasporto pubblico locale. E l’idrogeno lo sarà di più», afferma ancora l’esperto che poi affonda il colpo: «Proporre un tram, dopo venti anni, è un po’ come se si volesse continuare a usare i telefoni a batteria o a disco rotante come si usavano cinquanta anni fa. Non bisogna proporre impianti rigidi. Anche perché, cosa si può fare in caso di incidente? Un banale sinistro stradale di due veicoli che si scontrano, come può essere gestito con un tram in linea fissa? Si blocca l’intero sistema».
IL TVA
Blocco del sistema: quello che tutte le voci di politici, tecnici, esperti stanno evidenziando da mesi. Spalleggiato dalla lobby filotranviaria con il suo contorno di vecchi personaggi della politica del passato e di pseudoambientalisti humus di una cera sinistra, il Campidoglio preferisce ignorare gli allarmi sul progetto di creare una nuova linea tranviaria fra il capolinea di Palazzo Massimo a Termini, quello di piazza Risorgimento al Vaticano e, infine, quello di piazza Giureconsulti all’Aurelio. In totale, secondo le sempre attendibili previsioni del Comune, per costruire questi 8,9 chilometri di doppio binario e le sue 18 o 19 fermate, serviranno almeno 47 mesi di tempo di cantieri, fra aprile 2024 e primavera 2028 con sospensione durante l’Anno Santo, e un investimento da 294 milioni di euro, 120 da fondi Pnrr e 174 con stanziamenti “accantonati” dal ministero dei Trasporti.
LE CRITICITÀ
Si diceva del “rischio blocco”. Paralisi sarebbe meglio: i progettisti di rendering del Comune hanno previsto di far passare le rotaie, fra le varie, a via Nazionale, via IV Novembre, via del Plebiscito e Corso Vittorio Emanuele e lungotevere in Sassia. Un tram che rimanesse bloccato in uno di questi punti, cosa tutt’altro che rara a Roma visti i precedenti delle altre linee, paralizzerebbe completamente il centro della città rendendo impossibili gli spostamenti dei mezzi di emergenza e soccorso di pompieri, questura e, infine, l’accesso delle ambulanze al pronto soccorso dell’Ospedale Santo Spirito in Sassia. Da evidenziare come nessuno di questi soggetti - Questura, Ospedale, Prefettura, Vigili del Fuoco - sia stato convocato per esprimere un parere sull’opera in conferenza di servizi.
IL CORO DI NO
Residenti, commercianti, albergatori sono schierati per il “no” al progetto insieme al mondo di associazioni di tutela degli utenti del trasporto pubblico, di ciclisti, motociclisti e veri ambientalisti. Contrari anche i sindacati di polizia, vigili del fuoco, vigili urbani, operatori sanitari, tassisti. Più tecnici: ingegneri, storici, archeologi, medici e professionisti della sicurezza.
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