Marino vuole la conta ma non ha i numeri: tutti i consiglieri Pd pronti a dimettersi

Ignazio Marino
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Martedì 27 Ottobre 2015, 08:31 - Ultimo aggiornamento: 17:27

L'arma, a ogni buon conto, è sempre carica: da qui a domenica Ignazio Marino potrebbe ritirare le dimissioni e convocare il consiglio comunale, per la resa dei conti con il Pd. Ma anche il chirurgo, adesso, sa che i margini di manovra sono quasi inesistenti. Soprattutto dopo che il gruppo consiliare dem, al termine di una riunione dai toni molto accesi, ha trovato l'accordo soltanto su un punto, peraltro decisivo: se l'inquilino del Campidoglio dovesse decidere di resistere oltre il 2 novembre, scatterebbero le dimissioni di massa dei 19 consiglieri Pd.

​Ai quali si aggiungerebbero gli opportuni rinforzi provenienti dall'opposizione, per chiudere comunque la sindacatura: a lasciare spontaneamente il seggio sarebbero i due rappresentanti di Fratelli d'Italia (Fabrizio Ghera e Lavinia Mennuni), che potrebbero essere seguiti dalla Lista Marchini e da un paio di esponenti del gruppo misto (Alessandro Cochi e Mino Dinoi). I democrat aspettano però un segnale chiaro dai vertici del partito: «Renzi ora ci dia una linea, ci dica lui che Marino va sfiduciato», è il leitmotiv dei consiglieri Pd. Mentre Sel taglia corto: «Sicuramente non votiamo mozioni di sfiducia né con il Pd e né con i fascisti e con altri leghisti o persone che hanno distrutto Roma». Insomma, chiosa il capogruppo Pd Fabrizio Panecaldo, «mi auguro che il sindaco non ritiri le dimissioni».

LO SCENARIO

Il primo cittadino dimissionario-ma-non-troppo fiuta l'aria: sa che la sua avventura sul colle capitolino è al capolinea, ma si gioca le ultime carte, rinfrancato anche dalle notizie che gli arrivano dall'inchiesta “scontrini-gate”: Claudia Cirillo, ex collaboratrice dell'amministrazione comunale, starebbe per consegnare ai giudici una memoria che escluderebbe responsabilità del chirurgo su una delle cene contestate, e a Palazzo Senatorio confidano che la Procura possa presto archiviare il fascicolo.

Intanto si cercano i primi contatti con il Nazareno: a portarli avanti il vice sindaco Marco Causi che, pur considerando finito il suo lavoro in Campidoglio - «A me pare che la posizione di Marino sia quella di un arroccamento privo di sbocco politico», ha detto ieri - è convinto di poter aprire un dialogo che consenta a Marino di ricevere dal Pd quantomeno quel riconoscimento politico, una sorta di onore delle armi, che ha chiesto a più riprese.

Altrimenti, il chirurgo potrebbe dar seguito alla sua minaccia e convocare l'assemblea capitolina, per la prossima settimana. Previo ritiro delle dimissioni, che altrimenti lunedì 2 diventerebbero irrevocabili. Il sindaco nel frattempo continua a portare avanti il lavoro amministrativo quotidiano: ieri ha riunito la giunta, per portare avanti alcuni provvedimenti in sospeso - ancora assente l'assessore alla mobilità Stefano Esposito, rimasto nella sua Torino e ormai da considerarsi di fatto già un ex - mentre domani nella sala delle Bandiere potrebbe arrivare la contestata delibera per la pedonalizzazione totale dei Fori Imperiali. Marino lascia il Campidoglio poco prima delle 19: «Sto molto bene». Oggi è un altro giorno.