La voragine nei conti che tiene il Comune sull'orlo del dissesto

La voragine nei conti che tiene il Comune sull'orlo del dissesto
di Andrea Bassi
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Lunedì 21 Marzo 2016, 08:11 - Ultimo aggiornamento: 08:14
ROMA - La città di Roma somiglia all’aforisma del calabrone. Raccontano che durante una cena, uno scienziato svizzero esperto di aerodinamica sostenne che il calabrone, in relazione al suo peso e alla sua struttura alare, non è in grado di volare.Ma lui, disse lo scienziato, non lo sa e vola lo stesso. Anche la Capitale, data la sua struttura del bilancio, sopravvive contro ogni legge di natura. Praticamente un miracolo. Certo, a Palazzo Chigi le amministrazioni che si sono succedute hanno sempre trovato un santo protettore, disposto a concedere soldi per salvare i conti, perché se c’è una cosa che è certa, è che nessun governo può permettersi di lasciare fallire la sua Capitale. Che con la struttura dei conti che si ritrova Roma l’unico possibile esito fosse il dissesto (e probabilmente lo è tuttora), è ben sintetizzato nel piano di riequilibrio preparato durante la giunta Marino dall’ex assessore, ora commissario straordinario del debito pregresso, Silvia Scozzese. Nelle conclusioni di quel documento si spiega che, al netto delle evoluzioni che il bilancio può avere tra un anno e l’altro, la spesa del Campidoglio si attesta a un livello di circa 4,46 miliardi di euro.

TUTTE LE CIFRE
Dentro ci sono 2,68 miliardi di spesa corrente, cui vanno aggiunti 160 milioni di oneri sottostimati, e altri 150 milioni di spesa occasionale ma ricorrente. Inoltre 1,31 miliardi per rifiuti e trasporto pubblico locale, oltre a 160 milioni di maggiori costi Atac. Siccome le entrate, si legge nel documento, sono 4,02 miliardi in media, significa che ogni anno Roma produce un “buco” di 440 milioni. In realtà, questo passivo è ancora più alto se si passa dalla spesa storica ai fabbisogni standard.

 

I FABBISOGNI
Il concetto è semplice: quanto dovrebbe spendere Roma per fornire i suoi servizi se li pagasse quanto un’amministrazione efficiente? Il conteggio, effettuato utilizzando i dati del Copaff, la commissione tecnica per il federalismo, dice che applicando i fabbisogni standard la spesa di Roma dovrebbe essere di 3,91 miliardi l’anno. Questo significa anche che, ogni anno, i soldi che mancano in cassa al Campidoglio non sono 440 milioni, bensì 550 milioni. Per parte sua il governo ha concesso a Roma 110 milioni di contributo extra per i costi che la città deve sostenere per il suo ruolo di Capitale d’Italia (manifestazioni, polizia, Vaticano e quant’altro la sede di rappresentanza dell’Italia richiede). Restano però pur sempre da coprire i restanti 440 milioni di euro del buco medio per portare a pareggio i conti. Soldi che Roma dovrebbe recuperare attraverso un profondo piano di revisione e di tagli alla spesa, peraltro già varato e che il commissario Francesco Tronca ha già cominciato ad attuare.

LA SPENDING REVIEW
La spending review prevista è draconiana. Ci sono, per esempio, tagli di 250 milioni ai contratti di servizio delle società di trasporto locale e rifiuti. E poi: ben 21 milioni al settore sociale, 25 milioni agli affitti, 43 milioni alle utenze. In realtà, nella Capitale c’è un altro problema grande quanto una casa: non si investe da molto tempo. Data la struttura del bilancio sempre al limite del dissesto, la scelta negli anni passati è stata di azzerare quasi del tutto la spesa in conto capitale. Ma sono gli investimenti in strade, trasporti, rifiuti, a garantire la vivibilità di una città. A Milano, per esempio, il 54% delle spese totali sono per investimenti. A Roma solo il 5%. Questo comporta delle gravi anomalie. Nella Capitale, solo per fare un esempio, gli investimenti per viabilità e trasporti ammontano soltanto a 16.784 euro a chilometro; a Milano sono di 909 mila euro. Per i suoi 4.407 ettari di verde, Roma spende 248 mila euro a ettaro; Milano 443 mila euro. Tagliare gli sprechi e rimettere in ordine nei conti è un passo necessario. Ma non è sufficiente. Serve anche altro, tornare a investire.
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