Effetto ballottaggi, nel Pd romano è l’ora della resa dei conti

Enrico Gasbarra
di Mauro Evangelisti
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Martedì 10 Giugno 2014, 10:51
No, Fonte Nuova non basta. Il crollo storico e doloroso di Civitavecchia, la delusione di Tivoli, il mancato sorpasso di Guidonia e la perdita di Grottaferrata non sono compensate dalla conquista del piccolo centro a nord est del raccordo. Così, se nel Pd le rese dei conti vanno in scena anche dopo una vittoria, figuriamoci all’indomani dell’esito deludente dei ballottaggi. In cui il «nuovo» ora punta il dito contro il «vecchio». Ed ecco ripartire all’attacco il tridente - renziani (vicini a Gentiloni e Bonaccorsi), marroniani e gasbarriani - che da un po’ di tempo ha inquadrato nel mirino la vecchia gestione del Pd romano e laziale. In particolare Gasbarra sta proseguendo la sua offensiva. E se Melilli, segretario laziale di area dem, si apprestava ad annunciare i componenti dell’esecutivo nel rispetto delle varie anime, ora si accorge che la situazione si è complicata ed è costretto a frenare.



I COMMENTI

Dice Mario Ciarla, consigliere regionale vicino al parlamentare Umberto Marroni: «Il Pd deve superare impostazioni burocratiche e scelte di conservazione che nella gestione del partito nel Lazio sono ancora presenti». Sviluppa senza sconti Enrico Gasbarra, parlamentare europeo: «Quando non c'è in campo Renzi, i nodi vengono al pettine. I risultati elettorali delle amministrative nel Lazio e in particolare della provincia di Roma evidenziano la necessità di adeguare il partito locale alla velocità e modernità della segreteria nazionale.



Il messaggio degli elettori è chiaro e tutti noi eletti nelle istituzioni e alla guida del partito con umiltà dobbiamo raccoglierlo». Primo attacco dunque a chi guida il partito (Melilli). Secondo fendente: «Al di là delle maggioranze e minoranze costruite su congressi ormai lontani dalla enorme massa di elettori delle europee, va costruito da subito e unitariamente un nuovo modello di partito locale aperto e moderno capace di mettere in campo tutte le energie».



Traduzione: Melilli, segretario regionale, è espressione di una fase congressuale superata dagli eventi, consumata prima del ciclone renziano delle europee. Ne prendano atto. Cosa c’è in ballo? Già è in fibrillazione il Pd romano: il 18 giugno si svolgerà una delicata assemblea comunale alla quale parteciperà il vicesegretario nazionale Guerrini. E il Pd regionale? Melilli sta terminando le consultazioni con le varie anime del partito (ieri si è sentito al telefono con Gasbarra) e presto convocherà l’assemblea regionale; non ha ancora formato la segreteria e non c’è un presidente (il primo tentativo in assemblea finì malissimo, con ambulanze e ricorsi).



LA REPLICA

Melilli sbotta: «Io sono segretario da due mesi». Poi però media: «La stagione della ricerca dell’unità non può cominciare con attacchi e polemiche. Convocherò nei prossimi giorni l’assemblea, formerò l’esecutivo e spero che tutti diano il loro contributo. Concentriamoci sulle cose concrete, sul piano di rientro del Comune e sulla nascita della città metropolitana, non rivolgiamo lo sguardo al passato». Resta la ferita di Civitavecchia, conquistata da M5S. Lo sconfitto, Tidei, dice: «È stato un voto contro la politica, con la quale io sono stato identificato». Appunto: vecchio e nuovo. Osserva Nicola Zingaretti: «Nei ballottaggi, visto anche il numero dei votanti, prevalgono soprattutto le vicende locali. Ma bisogna andare avanti con l’innovazione».
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