Terremoto, il ritorno nelle case di piazza Sagnotti ad Amatrice dove morirono sette persone non fu mai autorizzato per iscritto: a processo anche l'ex sindaco Sergio Pirozzi

Terremoto, il ritorno nelle case di piazza Sagnotti ad Amatrice dove morirono sette persone non fu mai autorizzato per iscritto: a processo anche l'ex sindaco Sergio Pirozzi
di Emanuele Faraone
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Sabato 21 Novembre 2020, 00:10

RIETI - Dalla drammatica ricomposizione (e riconoscimento) dei cadaveri a tutte le attività d’indagine fino all’analisi dell’ordinanza sindacale di sgombero mai di fatto revocata. La sala consiliare (antiCovid-19) della Provincia di Rieti torna ad ospitare il processo relativo al sisma di Amatrice sul crollo della palazzina ex Ina-Casa al civico 1 di piazza Sagnotti (furono sette le vittime) realizzata negli anni ‘50. Ieri in aula i testi della Procura con il maresciallo Davide Cianelli (Nucleo investigativo carabinieri) che - davanti al giudice Carlo Sabatini - ha riferito sull’attività di sequestro della palazzina con l’apposizione dei sigilli l’8 settembre del 2016. Tutti gli altri edifici limitrofi - pur con lesioni importanti (eccetto le due palazzine ex Iacp anch’esse collassate) - sopravvissero al sisma del 24 agosto, del 30 ottobre e del 18 gennaio 2016.

Drammatico poi il racconto sulla conta dei cadaveri: schedati con un numero sul braccio, fotografati, riconosciuti grazie a tatuaggi e monili.

A seguire il maresciallo Gianmarco Cecchini (Nucleo di Polizia giudiziaria della Procura di Rieti) che espletò, nell’immediatezza dei fatti, una lunga e capillare attività d’indagine a partire dai danni riportati dalla palazzina post-sisma del 2009, la successiva ordinanza di sgombero dell’ex sindaco Carlo Fedeli, l’iter amministrativo del Comune di Amatrice nonché l’analisi dei lavori eseguiti per poi passare in esame l’ordinanza del sindaco – la numero 40 del 16 aprile del 2009 - che intimava lo sgombero degli inquilini a causa di «un modesto stato fessurativo ai piani superiori dell’edificio e un ampio spanciamento della zona seminterrata». 

Terminati i lavori gli inquilini tornarono all’interno delle loro unità abitative ma - come sottolineato in risposta alle domande del pm Rocco Gustavo Maruotti - non fu mai rinvenuta alcuna ordinanza di revoca o altro tipo di provvedimento che avesse consentito ai condòmini di poter tornare in casa: «Non fu mai ritrovato un atto ufficiale di revoca, né vi era menzione nel registro delle notifiche comunali presso la polizia locale». Alla domanda-chiave del pubblico ministero («chi li autorizzò a rientrare in casa?») il teste non può rispondere per via della legittima opposizione eccepita dalle difese, essendo l’ordinanza tema e oggetto di prova processuale. La relazione del maresciallo Cecchini ha poi messo in luce un iter burocratico-amministrativo di fatto corretto, mancante soltanto della nomina del collaudatore da parte del committente. 

Sotto esame anche la relazione geologica-geotecnica ed il verbale della commissione del Genio Civile per il «miglioramento sismico del fabbricato esafamiliare». Al vaglio anche le fatture dei lavori eseguiti (circa 20 mila euro) della durata di 13 giorni (dal 10 giugno 2009 al 23 giugno 2009), atti di liquidazione e fatture relative a spese di vitto ed alloggio temporaneo in strutture ricettive per le famiglie sgomberate. Fatture liquidate poi grazie ai fondi pubblici stanziati per il sisma del 2009. Gli inquilini inoltre - per propria scelta condivisa verosimilmente per velocizzare i lavori - non attinsero al fondo statale per l’emergenza sisma riprendendo così possesso delle proprie case nel luglio del 2009. Il pubblico ministero Rocco Gustavo Maruotti ha poi fatto visionare le immagini aeree per una panoramica del sito dopo la scossa sismica del 24 agosto 2016, nonché fotografie scattate nel marzo del 2017 durante i vari step per la rimozione delle macerie al fine di valutare le parti oggetto degli interventi tecnici con particolare rilievo al lato nord-ovest dell’edificio.

E poi ancora foto dello stato dei luoghi ante-sisma (fonte Google Heart) e post-sisma. Per il tragico crollo della palazzina sono 6 tra tecnici e amministratori (tra cui l’ex sindaco Sergio Pirozzi che non revocò l’ordinanza del suo predecessore) gli imputati accusati di disastro colposo plurimo, omicidio colposo plurimo e lesioni personali colpose. Insieme a Pirozzi, gli altri quattro imputati sono il progettista e direttore dei lavori Ivo Carloni e tre tecnici del Genio civile: Maurizio Scacchi, Giovanni Conti e Valerio Lucarelli, accusati di aver dato parere favorevole all’elaborato in presenza di palesi violazioni e di aver certificato un collaudo mai compiuto.

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