Reatino salvato dal virus, il medico: «Batterio mangiacarne letale una volta su cinque. Un mistero il contagio al Terminillo»

L'ospedale di Terni
di Umberto Giangiuli
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Giovedì 12 Ottobre 2023, 00:10

RIETI - Nazareno Conti, 49 anni di Leonessa, se oggi sta sostanzialmente bene, lo deve alla clinica di Malattie infettive dell’ospedale Santa Maria di Terni: come raccontato dal diretto interessato ieri a Il Messaggero, il 20 agosto, in seguito a una banale caduta al Terminillo, si procurò un banale taglio al ginocchio sinistro. Nel giro di pochi giorni, invece, si è ritrovato in un vero e proprio inferno. Tutta colpa del batterio “vibrio vulnificus”, più comunemente noto come batterio “mangiacarne”. Il caso, proprio per la sua gravità e rarità è stato segnalato dalla direzione ospedaliera al ministero della Salute. La dottoressa Cinzia Di Giuli, responsabile della struttura semplice di degenza di Malattie Infettive, ha seguito con altri colleghi il percorso terapeutico fin dall’inizio.
Dottoressa Di Giuli, se questo batterio vive normalmente nelle acque tropicali, come ha potuto contagiare l’uomo in alta montagna, al Terminillo, in forma così grave e devastante?
«Non ho una risposta precisa. Il caso del Terminillo è davvero raro, si avvicina quasi ad un mistero. Di cose se ne dicono tante, ma trovare il batterio in alta montagna è molto strano, quasi impossibile».
Qualcuno ipotizza che la causa del contagio siano gli escrementi degli animali. È possibile?
«Tutto è possibile. Questa è materia per i veterinari».
Il caldo anomalo potrebbe avere inciso sulla presenza del batterio?
«Da noi certamente no».
Avete avuto a che fare anche con altri casi analoghi prima di questo?
«Sì, casi del genere ne abbiamo avuti, ma non della gravità dell’uomo di Leonessa. Il batterio che lo ha contaminato è di una pericolosità estrema, che porta anche alla morte in tempi brevi».
Perché questo batterio è chiamato “mangiacarne”?
«In pratica si incunea nella carne che, in poco tempo, muore, emanando un cattivo odore. Da qui i numerosi interventi chirurgici a cui è stato sottoposto per liberare le fasce muscolari e fare in modo che gli antibiotici iniettati potessero raggiungere il batterio e combatterlo».
Quindi, una piccola ferita poteva portare alla morte dell’uomo.
«All’inizio può sembrare nulla di grave, poi il batterio comincia la sua opera di demolizione e nel giro di qualche giorno la persona comincia a stare malissimo».
Qual è la percentuale di morte di una persona che ha contratto il batterio “mangiacarne”?
«In un caso su cinque il contagio porta alla morte. Se non sopraggiunge il decesso, altra conseguenza diffusa è quella di amputare l’arto infettato».

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