L'avvocato Pietro Carotti accusato d'evasione fiscale
attacca: sono uno dei maggiori contribuenti della città

L'avvocato Pietro Carotti accusato d'evasione fiscale attacca: sono uno dei maggiori contribuenti della città
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Martedì 29 Aprile 2014, 13:31 - Ultimo aggiornamento: 20:37
RIETI - E' accusato dalla Guardia di Finanza di aver evaso il fisco per tre anni - il 2010, 2011 e 2012 - per un ammontare vicino ai due milioni di euro. Ma lui si difende e contrattacca. Lui è Pietro Carotti, noto avvocato penalista di Rieti, ex parlamentare eletto nelle fila del Pd. E se il comunicato della Finanza recita testualmente: «ingente evasione alle imposte dirette, all’Iva e all’Irap». Termini penali che tradotti nel linguaggio fiscale delle fiamme gialle stanno a significare «omessa dichiarazione all’erario di circa un milione e 500mila euro di elementi positivi di reddito ai fini delle imposte dirette e dell’Iva, oltre a un’evasione di oltre 300mila euro di Iva e più di 80mila di Irap», lui sostiene di essere in regola.



LA VERSIONE DELL'AVVOCATO CAROTTI

«Mi preme sottolineare - spiega l’avvocato Carotti, che a Il Messaggero ha voluto fornire la sua posizione - come si parli di evasione e non di frode, ovvero si parla di dichiarazione non fedele. Ma è stato riconosciuto che non c’è nessun artificio nella mia condotta. La Finanza mi contesta una documentazione di fatto irregolare, io sostengo che sia tutto a posto e in sede di giudizio sono convinto di poterlo dimostrare ampiamente. Il Gip, d’altronde, ha già ridotto la somma che mi si contesta a 416mila euro dal milione mezzo che dice la Finanza. Gli accertamenti sono stati spalmati nell’arco di tre anni. Ho già esposto le mie controdeduzioni all’Agenzia delle entrate e la somma contestata è già stata ridotta di molto. In sede di giudizio, credo non sarà superiore al 10% di quanto ora mi si contesta, ovvero 416mila euro».

Nel pomeriggio, Carotti è stato ancor più preciso e ha rincarato la dose spiegando che «l’accertamento della Finanza a mio carico ha riguardato tre anni contributivi. Vorrei poi chiarire che non sono un soggetto ignoto al fisco, anzi uno dei maggiori contribuenti della mia città. L’ipotesi fatta dalla Finanza si riferisce alla omessa, secondo la loro opinione ingiustificata, registrazione di incassi e non ha nulla a che vedere con la frode fiscale. L’importo siderale contestatomi di circa 2 milioni di euro muove da criteri presuntivi che invertono l’onere della prova ed è la somma, riscontrata in banca e non in paradisi fiscali, delle entrate ritenute non giustificate e delle uscite. Sì, anche le spese da me effettuate dei tre anni considerati. Ora l’autorità giudiziaria, che fortunatamente per i cittadini esercita il suo ruolo di controllo, ha rideterminato gli importi del triennio nella complessiva somma di 460mila euro, comprendente Irpef, Iva e quant’altro. Sono convinto di essere in grado di dimostrare in ogni sede che anche quest’ultima somma è strato sfericamente sovradimensionata. Se emergeranno irregolarità formali e sostanziali, affronterò naturalmente le mie responsabilità».



LE CONTESTAZIONI DELLA FINANZA

Gli accertamenti della guardia di Finanza nei confronti dell’avvocato reatino sono iniziati nello scorso dicembre, nell’ambito delle varie attività che vengono definite «obiettivi di settore». Accertamenti fiscali che, nel loro svolgimento di verifica all’interno delle carte e dei documenti contenuti nello studio dell’avvocato, non hanno evidenziato particolari anomalie. Quelle ordinarie, riscontrabili nove volte su dieci. L’attività di indagine avrebbe però subito un’impennata nel momento in cui l’attività di verifica si è avvalsa dell’ausilio delle cosiddette «indagine bancarie», ovvero le verifiche sui conti correnti, i bonifici in entrata e in uscita, gli accertamenti su tutte le operazioni bancarie riconducibili direttamente o indirettamente al professionista reatino. Attività che ha permesso di accertare alla Finanza che l’avvocato, nel periodo a cavallo tra il 2010 e il 2012, aveva omesso di dichiarare all’erario oltre un milione e mezzo di euro, evadendo l’Iva e non pagando l’Irap.
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