Reatino rifugio negli anni di piombo

L'area del ritrovamento a Poggio Catino
di Massimo Cavoli
3 Minuti di Lettura
Lunedì 14 Settembre 2020, 00:05

RIETI - A partire dalla scoperta del covo delle Unità Combattenti Comuniste (21 luglio 1979) a Vescovio di Torri, passando per i sequestri di armi di formazioni terroristiche, per finire alle inchieste sull’eversione di destra, ma senza dimenticare la sparatoria di Pian di Rascino dove, nel 1974, fu ucciso dai carabinieri un terrorista di estrema destra - anche se viene quasi sempre evocata per il caso del lago della Duchessa, falsamente indicato come il luogo dove era stato gettato il corpo dell’onorevole Aldo Moro dopo il sequestro e l’omicidio - la provincia reatina è stata negli anni di piombo un rifugio ovattato per chi voleva sfuggire ai controlli condotti a Roma dalle forze dell’ordine. Un aspetto rivelato dalle inchieste condotte dalla procura di Rieti a cavallo tra il 1978 e il 1980, riscontrato nel corso dei processi condotti nei confronti dei brigatisti arrestati dopo lo smantellamento della colonna romana delle Br. Ora, la scoperta di un deposito riconducibile alle Br, avvenuto nei boschi attorno a Poggio Catino, dove la Digos di Roma ha rinvenuto, nascosto in due pozzetti interrati, materiale risalente al 1977 (proiettili per fucili e pistole, volantini dattiloscritti riportanti in testa la tristemente famosa stella a cinque punte, i resti di alcune divise, appunti su alcuni personaggi politici dell’epoca) conferma il ruolo logistico rivestito dalla Sabina. Un fiancheggiatore delle Br, processato anche per il caso Moro e il sequestro del generale americano Dozier, avvenuto nel 1981, fu arrestato proprio a Poggio Catino, come pure altre figure analoghe vennero individuate a Montenero e in altri paesi vicini alla Sabina romana.

La testimonianza
«Il Reatino ha rappresentato all’epoca un approdo tranquillo che permetteva di non destare sospetti - racconta l’ex ispettore capo della Uigos della Questura, Elenio Santoprete, lungamente impegnato in controlli antiterrorismo per l’ufficio diretto da Piero Nardin. - La riprova arriva dalla scoperta del casale delle Ucc a Vescovio dove si svolgevano riunioni operative dei terroristi, anche se gli attentati venivano pianificati altrove. Non bisogna poi dimenticare che alcuni componenti della colonna romana delle Br erano originari della nostra provincia, anche se non risulta che si siano macchiati di omicidi». Al covo di Vescovio, i carabinieri del comando gruppo di Rieti e della compagnia di Poggio Mirteto, guidati dal colonnello Matteo, arrivarono proprio in seguito a una segnalazione della Uigos su un’auto sospetta. I militari scoprirono dentro due serbatoi sul tetto, mimetizzati dall’edera e da un nido di vespe, un deposito di armi utilizzate dai terroristi per gli attentati. Impressionante l’elenco: 18 pistole di varie marche, fucili, silenziatori, mitragliette, centinaia di cartucce, detonatori, esplosivi, radio per intercettare le frequenze delle forze dell’ordine, timbri falsi, carte di identità in bianco e altro ancora. Quell’operazione, coordinata dal sostituto procuratore Giovanni Canzio, culminò con 21 arresti e lo smantellamento definitivo delle Unità Combattenti Comuniste. Ancora, i legami con la Sabina portarono all’arresto, nel 1979, di Sergio Calore, terrorista dei Nuclei Armati Rivoluzionari (poi pentito e assassinato nel 2010 a Guidonia), nel corso di un’inchiesta avviata dal pm Canzio su Ordine Nuovo, i cui successivi sviluppi coinvolsero anche lo scomparso medico veneziano Carlo Maria Maggi, condannato per la strage di piazza della Loggia, avvenuta a Brescia nel 1974.

© RIPRODUZIONE RISERVATA