Rieti, Antonino La Vecchia, apripista
d'eccezione alla Coppa Carotti
e quella vittoria di vent'anni fa...

Antonino La Vecchia
di Giacomo Cavoli
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Domenica 15 Luglio 2018, 10:15

RIETI - Ha percorso di nuovo la Rieti-Terminillo esattamente vent'anni dopo l'ultima vittoria nella Coppa Carotti, ottenuta nell'edizione del 1998 quando, nello stesso anno, si ritirò progressivamente in maniera ufficiale dal mondo delle competizioni. Da sabato mattina, però, Antonino La Vecchia, classe 1961, è tornato in uno dei tanti luoghi dei suoi successi e dei primi amori per la vecchia scuola fatta di tanta meccanica e poca elettronica, invitato dal comitato organizzatore della Carotti a fare da apripista della 53esima edizione - sia nelle due manche di prova del sabato che in quella unica di domenica - a bordo di una Giulia Quadrifoglio.
 

Insomma, seduto di nuovo dentro ad un'Alfa Romeo, lui che, negli anni '80, fece la sua apparizione nel mondo delle cronoscalate su di una Ford Sierra proprio lungo le strade di casa, nella gara lucana di Campomaggiore, anche se viene più facile ricordarlo per le sue imprese con l’Alfa Romeo 155 V6 TI, un mostro da 800.000.000 di lire dell'epoca, grazie alla quale fu autentico mattatore del campionato italiano di velocità in montagna degli anni '90, autore di 33 vittorie consecutive di classe dal 1996 al 1998.
 

IL RICORDO

«La prima volta che venni a Terminillo fu nel 1972 insieme a mio padre Leandro (già pilota ufficiale Fiat con apparizioni anche nel mondiale marche, ndr) ma qui vinsi nel 1997 e nel 1998, l'anno in cui scelsi di ritirarmi, uscendo imbattuto dopo tre anni di campionato italiano e 33 vittorie consecutive nel campionato italiano di velocità in montagna - ricorda La Vecchia - Un record che, in precedenza, apparteneva a Mauro Nesti (un altro specialista nei monologhi di vittorie alla Carotti, ininterrottamente campione dal 1972 al 1974, nel '76, '78, dal 1981 al 1986 e ancora nell'88, '90 e '91, ndr) con ventidue vittorie consecutive».
 

«Ora, però - prosegue il pilota lucano - sembra che qualcuno si stia avvicinando a questo primato, anche se oggi ogni manche viene considerata come una gara a sé, perciò i piloti tendono a dire di aver vinto due volte nello stesso appuntamento. E invece no - ribatte - perché io, per vincere, dovevo trionfare in entrambe le manche. Se dovessi fare il conteggio, oggi, andrei oltre le cinquanta vittorie».  
 

TORNARE AL TERMINILLO, VENT'ANNI DOPO

Che effetto fa, correre una Carotti da 13 km e 450 metri fino a Pian de' Valli e non più di 15 km fino a Campoforogna? «L'accorciamento fino a Pian de' Valli resta una novità da digerire perché queste ultime curve sono le più spettacolari, non solo per i piloti ma anche per il pubblico, che si assiepa con maggior comodità e può usufruire dei servizi del Terminillo - risponde La Vecchia - Le ultime curve verso Campoforogna, però, erano il colpo finale della gara, e c'era ancora la possibilità di recuperare qualche decimo, oltre ad essere estremamente gratificante, per il pilota, poter affrontare questi ultimi tratti tecnici ed impegnativi».
 

«Tuttavia - continua - rispetto a vent'anni fa pensavo di trovare una Coppa Carotti cambiata in peggio a causa della sua mancanza di titolazione come tappa del campionato italiano di velocità in montagna. Invece dal punto di vista organizzativo è una gara incredibile, organizzata fin nei minimi particolari: paddock e partenza sono impressionanti, roba da campionato del mondo. Ho trovato perfetti anche i dettagli della sicurezza e dell'asfalto, così come era negli anni in cui correvo. Rieti è una classica, una delle gare più belle del panorama europeo, un tracciato completo con la particolarità della velocità abbastanza estrema, più accattivante ed impegnativa per il pilota e che la differenzia così dalle altre salite. Credo che il prossimo anno dovranno sicuramente restituire alla Carotti almeno la validità del titolo italiano, perché se non la assegnano qui non vedo a chi altro debbano darla».
 

LE AMICIZIE REATINE

«A Rieti, il mio punto di riferimento restano due piloti di casa della Carotti, Maurizio e suo figlio Marco Iacongeli - rivela La Vecchia - Poi, ricordo sempre con tanta simpatia e affetto Claudio Giobbi, e Titto Salvatori (fra i commercianti storici del Terminillo, ndr). Venni a gareggiare qui a Terminillo, per la prima volta, nel 1994, a bordo di una Osella - racconta - Entrai casualmente nel suo negozio e parlando gli dissi che ero preoccupato, perché avrei dovuto correre senza conoscere il percorso. Titto prima mi ascoltò e poi, con la scusa che anche lui partecipava alla Carotti, mi fece salire in macchina, e così fu proprio lui ad insegnarmi la Rieti - Terminillo. Dopo vent'anni, il primo che sono andato a salutare quando sono tornato è stato proprio Titto».  

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