Invocando le elezioni i vertici del Movimento stanno automaticamente derogando alla regola dei due mandati. Moltissimi parlamentari infatti sono già adesso al secondo giro e secondo la regola non potrebbero sperare in un terzo perché, questo il senso originario, li trasformerebbe in politici di professione.
Ma le cose cambiano. E il Movimento è passato dal dire: «non salterà mai il limite dei due mandati», «è la nostra regola aurea, sacra» a frasi decisamente più prudenti e aperturiste: «Non è all'ordine del giorno», «Ci rifletteremo con la dovuta ragionevolezza» all'odierno: «Parlerà Grillo». E non è un caso che siano frasi pronunciate da Luigi Di Maio e suoi fedelissimi come appunto Toninelli che rappresentano la classe dirigente del Movimento a cui non si può rinunciare solo perché hanno finito i mandati a disposizione.
I vertici del Movimento infatti non possono e non vogliono rinunciare a Luigi Di Maio che ha ancora un lunghissimo mandato da capo politico M5S. Quanto lungo? Almeno dieci anni sulla carta, ovvero sullo statuto della nuova associazone Movimento 5 stelle costituita nel dicembre 2017 a Roma. «Il Capo Politico è eletto mediante consultazione in Rete secondo le procedure approvate dal Comitato di Garanzia, e resta in carica per 5 anni.
E’ rieleggibile per non più di due mandati consecutivi», questa è la regola.
È in questa investitura che già si intravedeva la debolezza, nonché superabilità, della regola del due mandati.
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