Alfano ricompatta Ncd: evitata la mina Senato

Alfano
di Nino Bertoloni Meli
3 Minuti di Lettura
Venerdì 8 Luglio 2016, 09:12
Ncd esce dal governo? Ma quando mai. Imboscate centriste al Senato? I numeri ci sono e ci saranno lo stesso. Appoggio esterno al governo? Ma de che, dicono a Roma. Non è stata la classica tempesta in un bicchier d'acqua, quella di queste ore in casa Ncd, ma vi somiglia parecchio.

Fatto sta che al momento, e probabilmente per un altro bel po', almeno fino al referendum, non dovrebbero venire dai centristi pericoli per la navigazione di Matteo Renzi. Sia il premier che Angelino Alfano hanno blindato ognuno per la sua parte il governo. Renzi: «Pretestuoso chiedere le dimissioni del ministro». Alfano: «Non ci sarà alcun caso Lupi 2, il governo non rischia». Dunque? Non è che non sia successo niente in questi giorni dopo la poco chiara e per molti versi ancora confusa vicenda legata al fratello di Alfano.

Dentro Ncd hanno ripreso fiato quanti già erano in dissenso con Alfano per una linea giudicata troppo arrendevole nei confronti di Renzi e del Pd, «che ci stiamo a fare in un governo che fa le unioni gay e non vuole neanche cambiare la legge elettorale?», il leit motiv dei dissidenti, che si chiamano Esposito, Formigoni e altri, ai quali era stato aggiunto nelle ultime ore anche Schifani.
 
IL COMUNICATO
Il capogruppo Ncd al Senato che organizza trappole e trabocchetti per far cadere il governo e proprio mentre il suo leader Alfano è sotto i riflettori? Troppo per il moderato e navigato Schifani, che infatti in giornata ha preso carta e penna e ha rilasciato il classico comunicato che non dà adito a interpretazioni: «Leggo che il gruppo da me presieduto preparerebbe imboscate al Senato. Vorrei ricordare che il mio gruppo si è sempre dimostrato responsabile e compatto e non ha mai assunto atteggiamenti ambigui e non in linea con il palese sostegno al governo». Si sgonfia quindi l'allarme circolato di una possibile imboscata a palazzo Madama sul decreto Enti locali, sia perché non sarebbe poi un gran gesto su una materia alquanto condivisa (lo dovrebbe votare finanche Forza Italia), sia perché, soprattutto, i numeri non mancherebbero lo stesso anche in presenza di dissidenti occulti o manifesti, tiratori franchi o meno, otto o meno o più che siano.

La maggioranza al momento ha sulla carta 182 voti (113 Pd; 20 Per le autonomie; 31 Ap; 18 Ala), all'ultimo provvedimento importante, quello sulle banche, ha riportato 172 sì, mentre tra le opposizioni non si intravede né un disegno alternativo percorribile, né un intendimento politico che spinga alla crisi.

Non è sfuggito nel Palazzo che il M5S questa volta non abbia al momento neanche ventilato la presentazione di una mozione di sfiducia contro Alfano: c'è chi dice perché in tutt'altre faccende affaccendati (insediamento Raggi con annessi e connessi fuochi amici), o perché i cinquestelle hanno capito che non c'è vera aria di crisi e una loro mozione avrebbe come al solito compattato governo e maggioranza. Resta il dibattito dentro i centristi, che è poi un confronto tra quanti pensano di tornare alla casa madre berlusconiana, e quanti puntano a un futuro più o meno prossimo distinti dal Pd (non avversari) ma distanti da FI.

Fabrizio Cicchito, forte dell'ormai lunga esperienza politica e parlamentare, si è assunto il compito di confutare l'ipotesi appoggio esterno: «Nessuno capirebbe perché i senatori Ncd, che a suo tempo ruppero con Berlusconi per salvare la legislatura ed evitare elezioni anticipate che avrebbero segnato la vittoria del M5S, puntano adesso a far cadere il governo quando la possibilità di una vittoria dei grillini è ancora più forte e comunque ci troviamo di fronte a gravissimi problemi economici e istituzionali».
© RIPRODUZIONE RISERVATA