Usa, Trump: «I rifugiati cavallo di Troia dei terroristi». E attacca Cruz: non può fare il presidente

Usa, Trump: «I rifugiati cavallo di Troia dei terroristi». E attacca Cruz: non può fare il presidente
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Venerdì 15 Gennaio 2016, 09:52 - Ultimo aggiornamento: 16 Gennaio, 13:33
Donald Trump vola nei sondaggi e a livello nazionale raddoppia il suo vantaggio nei confronti del rivale Ted Cruz, staccato di 13 punti. Forte di ciò ribadisce la sua linea dura su rifugiati e Islam, dicendo esplicitamente di non essere interessato al «politicamente corretto».  Lo fa nel corso del primo dibattito dell'anno tra i candidati repubblicani alla Casa Bianca, in diretta tv da Charleston, in South Carolina. Tra il pubblico tutta la sua famiglia, dalla moglie Melania alla figlia Ivanka.

«I rifugiati sono un cavallo di Troia» per introdurre il terrorismo - afferma - e per questo «non dobbiamo permettere che questa gente entri in America». Appare in forma il tycoon, che difende con orgoglio il suo essere newyorchese. E per rafforzare la sua tesi cita gli ultimi attentati compiuti a Istanbul e a Giacarta: «Non è questione di alimentare la paura. È una realtà. Tra i rifugiati - sostiene - ci sono molte poche donne, molti pochi bambini, e molti uomini. Giovani e forti». 

È da Cruz - che lo insidia in Iowa e New Hampshire, le prime due tappe delle primarie - che Trump dovrebbe guardarsi. Ma a contrastarlo con più efficacia è stavolta Jeb Bush. «Così è impossibile creare quella coalizione necessaria per combattere lo stato islamico», attacca l'ex governatore della Florida, per il quale gli Usa «non possono essere i poliziotti del mondo ed agire in maniera unilaterale, da soli». Per battere l'Isis hanno bisogno di tutta la comunità internazionale, compresi molti Paesi arabi. «Donald, la gente è arrabbiata, impaurita. Ma tu corri per la presidenza, non puoi fare dichiarazioni avventate».

Secca la risposta di Trump, che accusa Bush di essere «debole»: «Quello che a me interessa è solo la sicurezza del nostro Paese. È della sicurezza che abbiamo bisogno. E abbiamo un grande problema
con l'Islam radicale. Dobbiamo essere vigili».

Su Twitter sbotta Hillary Clinton, che segue il dibattito davanti alla tv, irritata anche dalle critiche rivolte a Barack Obama per non aver risposto con la dovuta durezza all'Iran, dopo il sequestro dei 10 marinai Usa poi rilasciati: «Non possiamo tornare a una diplomazia da cowboy e a un incosciente bellicismo. Per il futuro - scrive - abbiamo bisogno di una vera politica estera». E per quel che riguarda le posizioni anti-Islam di Trump, «l'America - twitta Hillary - è anche un Paese di musulmani. Chi corre per essere presidente dovrebbe saperlo. L'Islam - aggiunge - non è un nostro nemico. E una retorica d'odio verso l'Islam non solo è sbagliata, ma fa il gioco dei terroristi».

Ad unire i candidati repubblicani le dure critiche a Barack Obama e a quella Hillary Clinton accusata di correre «per il terzo mandato» dell'attuale presidente democratico. Nel mirino la visione offerta da Obama nel suo ultimo discorso sullo stato dell'Unione. E soprattutto la sua determinazione per una severa stretta sulle armi da fuoco. «Se a Parigi dall'altra parte ci fossero state le armi non ci sarebbero stati 130 morti e più», afferma Trump. Anche Jeb Bush è d'accordo: «La legge prevede i controlli preventivi sulla vendita di armi e l'Fbi li deve fare. Togliere i diritti non è una soluzione e non abbiamo bisogno di nuove regole».

Il duro scontro con fra Trump e Cruz. «C'è un grosso punto interrogativo sulla tua testa», ha detto Trump a Cruz, mettendo in dubbio la sua eleggibilità come presidente, essendo nato in Canada da padre cubano e madre statunitense. La Costituzione Usa prevede che i candidati alla presidenza siano «natural born citizens» degli Stati Uniti, vale a dire cittadini naturali dalla nascita. Cruz ritiene di avere i requisiti, sostenendo che il dettato costituzionale si applichi anche ai i figli nati all'estero di cittadini statunitensi. Cruz ha tentato di rispondere con umorismo all'attacco di Trump, ricordando che mesi fa il magnate aveva riconosciuto la sua eleggibilità, salvo poi cambiare idea quando i sondaggi hanno cominciato a premiare Cruz. «Da settembre la Costituzione non è cambiata, ma sono cambiati i sondaggi», ha detto il senatore texano in riferimento al calo di consensi del quale a suo giudizio soffrirebbe Trump in vista delle primarie in Iowa tra due settimane. 

Alla fine della serata Trump appare il più soddisfatto: «Se sarò eletto presidente, i miei figli Eric e Ivanka si divertiranno a gestire le mie società. A me non interessa. Io userò la mia testa per l'America». Per i suoi fan una speranza, per molti americani una minaccia.



 
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