Trump contro Cruz: forse non può fare il presidente, è nato in Canada

Trump contro Cruz: forse non può fare il presidente, è nato in Canada
di Anna Guaita
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Venerdì 8 Gennaio 2016, 20:41 - Ultimo aggiornamento: 9 Gennaio, 19:27
NEW YORK – E’ proprio il caso di dirlo: «Chi la fa, l’aspetti». Il caotico palcoscenico elettorale repubblicano in questi giorni ci sta offrendo una polemica che ha scatenato l’ilarità dei comici in tv. Donald Trump, che già aveva messo in discussione il diritto di Barack Obama di essere presidente in quanto – secondo lui – «nato in Kenya«, ora insinua gli stessi dubbi sul suo più diretto rivale per la nomination, il senatore del Texas Ted Cruz, nato in Canada.
 
La Costituzione dice che per candidarsi alla presidenza si deve essere “natural born citizen”, cioé non può diventarlo qualcuno che sia nato all’estero e sia diventato cittadino dopo (ecco perché l’attore ed ex governatore della California, Arnold Schwarzenegger non avrebbe mai potuto candidarsi). La definizione, alquanto vaga, ha costretto la Corte Suprema a intervenire più volte per chiarire chi sia cittadino sin dalla nascita. Ma è un fatto accettato oramai che chi nasca all’estero da genitori americani, sia un “natural born citizen”.
 
L’ironia di tutto ciò è che Ted Cruz stesso ha tollerato che una bella fetta del suo partito, e soprattutto l’ala del Tea Party di cui lui è esponente, accusasse Obama di essere un “usurpatore”. Cioè lo accusavano (e continuano ad accusarlo) di essere in realtà nato in Kenya, la patria di suo padre. Obama ha presentato un regolare certificato di nascita, e lo stesso governatore delle Hawaii ha confermato che era nato al Kapiolani Hospital di Honolulu alle 19:23 del 4 agosto del 1961.
 
Ma anche a voler credere a un cupo e vasto complotto, anche se Obama fosse nato in Africa, essendo sua madre, Ann Dunham, cittadina americana, sarebbe stato cittadino americano. Esattamente come Ted Cruz. Il 44enne senatore è nato a Calgary da madre americana e da un immigrato cubano. Cruz ha mantenuto la doppia cittadinanza fino al 2014, quando è sceso in campo per le presidenziali.
 
La questione della doppia cittadinanza può essere di cattivo gusto in un politico che parla tanto di patriottismo e ha una ferrea resistenza anti-immigrazione, ma non è una scelta illegale, e non gli toglie il diritto di correre per la Casa Bianca. O meglio, così pensa la maggioranza degli esperti.
 
Qualche dubbio è stato espresso proprio da Donald Trump, che fu il più virulento contestatore di Obama, e fu capo del movimento dei “birther” (un termine intraducibile in italiano, che deriva dalla parola “birth”, nascita, per indicare chi non crede che Obama sia nato negli Usa). Con l’aria di voler fare un favore a Cruz, Trump ha suggerito che il senatore si rivolga alla Corte Suprema, per chiarire ogni dubbio «prima che i democratici se ne approfittino”»
 
Attaccare Cruz e i democratici nel risicato spazio di un unico tweet dimostra l’abilità comunicativa di Trump. E difatti quel singolo tweet, poi seguito da varie interviste in cui continuava a ripetere che parlava per il bene di Cruz, hanno scagliato l’argomento nel centro del dibattito. E’ sceso in campo anche John McCain, il senatore dell’Arizona eroe di guerra, già rivale di Obama alle presidenziali del 2008. McCain è nato a Panama nel 1936, dove il padre, ufficiale della marina, era stanziato. E’ bene ricordare che quando qualcuno mise in dubbio il suo diritto di essere candidato alla presidenza fu una senatrice democratica, Claire McCaskill a fare approvare una legge ad hoc per confermargli tale diritto (e Barack Obama e Hillary Clinton, allora senatori si associarono). E finora nessun democratico ha fatto il minimo cenno a una possibile squalifica di Cruz. Invece proprio McCain ha espresso dei dubbi, di fatto schierandosi con Trump.
 
E’ chiaro che quando Trump suggerisce un ricorso alla Corte Suprema, immagina i mesi di tempo spesi per una simile valutazione e continui titoloni sui giornali. Una pacchia per lui, che sente il fiato del senatore texano sul collo. E una pacchia per i comici che hanno a lungo scherzato sul «chi la fa l’aspetti», ricordando gli attacchi contro Obama, ora ricomparsi sulle bocche dei repubblicani ma contro se stessi.


 
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