Ucraina, Luttwak: «Ma quale Terza guerra mondiale
ormai nessuno ha i soldi per farla»

di Flavio Pompetti
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Sabato 26 Aprile 2014, 08:14 - Ultimo aggiornamento: 10:50
NEW YORK -Le sanzioni sono inutili, se si vuole davvero colpire a morte l'arroganza di Putin bisogna puntare sull'affrancamento dell'Europa dall'energia fornita dalla Russia». Il professor Edward Luttwak non è mai a corto di soluzioni drastiche, e anche per la crisi in Ucraina ha in serbo una ricetta immediata per far saltare il banco al Cremlino. Da una parte il boicottaggio del gas russo, dall'altra un invito esplicito ai russi abbienti a lasciare il Paese e trasferirsi all'estero.



Procediamo per ordine. Lei crede che siamo di fronte ad un'accelerazione della crisi?

«Non c'è bisogno di immaginare uno scenario ancora più grave di quello che abbiamo davanti agli occhi. Sappiamo bene che il disegno della Duma russa è quello di spaccare in due l'Ucraina e di formare con la parte orientale dell'attuale paese una Novi Russia da riportare nell'alveo del Cremlino. Abbiamo chiuso gli occhi di fronte alla Crimea che in fondo era come un'isola, con un passato ambiguo in quanto ad attribuzione territoriale. Ora l'attacco è su tutto il fronte a est del fiume Dnepr. Non rispondere per l'Europa sarebbe suicida».



Cosa ha impedito a Putin finora di portare a termine la missione?

«Due cose: la fuga di capitali che negli ultimi mesi si è fatta precipitosa, e quella dei cervelli. Le persone di buon senso temono la sterzata nazionalistica che Putin vuole imprimere al paese, e stanno già facendo la fila all'aeroporto di Tel Aviv, dove i russi arrivano senza visto, per poi abbandonare la Russia».



Ma Putin non è circondato da un patto tra oligarchi?

«Forse da un’oligarchia politica, non certo da quella economica, la quale era contraria fin dall'inizio all'avventura ucraina. No, il suo supporto viene principalmente dal popolo, ai cui occhi Putin ha risvegliato i bassi istinti del nazionalismo. Putin è il gemello di Erdogan: grandi trionfatori di corse elettorali che sono l'unico momento quasi democratico dei paesi autoritari che governano».



Le nuove sanzioni in arrivo lo metteranno in difficoltà?

«Non più di quanto è già accaduto con quelle ora in vigore. E in assenza di una leadership americana, la strada della dissuasione militare è impensabile. Guardi, le nuove mire espansionistiche della Russia sono un problema soprattutto per l'Europa ed è l'Europa che deve reagire prendendo l'iniziativa».



Come?

«Occorre dichiarare l'emergenza politica, e su questa base approvare al più presto la realizzazione di 20-40 ri-gasificatori che trasformino il gas naturale liquefatto degli americani o di altri fornitori internazionali. Nel giro di sei-sette anni questo provvedimento polverizzerebbe l'economia russa».



L'esecuzione di una tale progetto è un po' più complessa di come lei l'annuncia.

«Perché i ri-gasificatori sono osteggiati da laccioli legislativi e dall'opposizione degli ambientalisti. Ci vuole il coraggio politico di un leader che decida di tagliare l'iter burocratico e capeggiare la campagna».



Ha in mente qualcuno?

«Perché no? Matteo Renzi. A Washington si è già fatto la reputazione del primo premier italiano dell'ultima generazione in grado di innovare il sistema del Paese. Perché non addossarsi la responsabilità di liberare l'Europa dal giogo russo?»



E gli Usa cosa dovrebbero fare?

«Una cosa semplicissima: semplificare le procedure di rilascio dei visti e lasciare che chi ha, diciamo, 5 milioni da investire in un conto americano in cambio di un permesso di soggiorno, possa comprarlo senza troppe complicazioni burocratiche. I ricchi verrebbero a frotte e lascerebbero solo il patriarca nudo».



Siamo a rischio di una guerra mondiale come dicono a Kiev?

«No, nessuno la vuole e nessuno ha le risorse per farla. Ma l'Europa ha ancora una volta in questa crisi la possibilità di mostrare una unità di intenti e una strategia di indirizzo che finora ha mancato di evidenziare di fronte ad altre emergenze. Non è mai troppo tardi, e mi auguro che sappiano cogliere l'occasione per rafforzarsi e annegare l'arroganza di Putin».