Grecia, crisi a sinistra/ La mossa per liberarsi degli ultrà

di Giulio Sapelli
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Giovedì 20 Agosto 2015, 23:23 - Ultimo aggiornamento: 21 Agosto, 00:11
Tsipras si misura con la materia incandescente degli umori popolari con grande lucidità ma anche eccessiva spregiudicatezza, dopo aver vinto tre battaglie importanti (la prima col referendum, poi nel parlamento greco e la terza in quello tedesco). Vuole sfidare il suo partito stravincendo nelle elezioni che vuole indire a fine settembre. Sì: è un lotta interna al partito che si riflette sino ai più alti vertici dello Stato e che segnala quanto forte e ineliminabile sia la rappresentanza partitica nel meccanismo delle poliarchie moderne.



Nonostante che in questi anni si sia sempre discettato di morte dei partiti e di trionfo del bonapartismo e della tecnocrazia. La Grecia studiata da Meyneaud negli anni Cinquanta, da John Legg in quelli Sessanta e da chi scrive negli anni Ottanta e Novanta del Novecento, è sempre stata definita una democrazia a scarso consolidamento per via della guerra civile prima (dal 1944 al 1949) e della dittatura militare poi (dal 1967 al 1974). E con partiti deboli ma diffusi nella società civile con clientelismo e corruzione. Le famiglie Karamanlis e Papandreu hanno per decenni governato la nazione e solo recentemente la macchina partitica greca ha segnato un’evoluzione verso formazioni più istituzionalizzate, ossia più ideologiche e meno dipendenti dalle clientele. La nascita di Syriza è stata una vera e propria innovazione nel sistema politico greco.



Un fenomeno simile accadde circa quindici anni or sono con la formazione del Pt in un Brasile che contava e conta decine di partiti grazie alla leadership di Lula. E fenomeni simili stanno nascendo in Spagna con Podemos e Ciudadanos e in molti altri Paesi sud americani.



La macchina partitica riacquista un peso molto forte anche in Europa? È presto per dirlo ma certo la crisi economica dà vita a fenomeni imprevisti anche nelle forme della rappresentanza politica. Ma in ogni caso, accentuando insieme alla centralità partitica una fragilità di tipo ideologico del partito stesso, aprendo la via a lotte di fazione: ideale, appunto, e non tanto e non solo clientelare. In Syriza sta accadendo proprio questo.



A dar fuoco alle polveri è stato, non a caso, Varoufakis, non per motivi personali ma squisitamente ideologici, proprio sulla questione tutta ideologica di continuare o meno a far parte dell’Unione Europea e dell’euro. Il partito è quello vittorioso alle elezioni e nel referendum sul piano di aiuti e sul debito. Lo stesso partito si è diviso sulla sua vittoria in Europa proprio in Parlamento, perché lì quella vittoria è considerata una sconfitta. Così le opposizioni moderate e più succubi al ricatto del Nord Europa, sono corse in soccorso dei negoziatori.

Tutto ha del paradossale... ma non troppo. Perchè è proprio in questa audacia di Tsipras che si cela l’insidia che avevo ricordato all’inizio. La Germania, o meglio i suoi attuali rappresentanti hanno coperto col fango del conflitto di interessi l’accordo raggiunto continuando con la tecnica della “spogliazione da debito” già attuata in passato: la notizia che una società a proprietà mista (Lander, Stato e privati) acquista i più importanti aeroporti greci dalle tratte turistiche più vantaggiose non fa onore al Paese che vuol guidare l’Europa invocando una governance “indipendente” ossia in verità non più dipendente dal Consiglio Europeo. Come Schauble e Weidmann hanno annunciato in questi giorni.



Se la governance europea indipendente è questa siamo caduti in un abisso etico anche se siamo nella piena legalità. Questa svendita, e altre si preannunciano, non può che accendere gli animi della povera gente che partecipa al voto con la passione ma anche con l’ingenua rabbia degli ultimi. E le forze politiche in tutto il mondo che da sempre beneficiano della povera ingenuità amalgamata alla rabbia sono le forze più populiste e pericolose. In Grecia non mancano e possono far fallire l’audace piano di Tsipras che rischia di apparire come colui che ha svenduto quella sovranità che prima ha difeso vincendo le prime mosse della complicata partita.

La macchina dei partiti è delicata e guidarla è assai difficile perché le regole della democrazia sono le più ardue da governare. Ed è ben difficile trovarne di migliori.