Terrorismo nero, Manni non risponde. Pandolfina: «Tutta colpa di Facebook»

Terrorismo nero, Manni non risponde. Pandolfina: «Tutta colpa di Facebook»
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Mercoledì 24 Dicembre 2014, 12:12 - Ultimo aggiornamento: 26 Dicembre, 15:44

Stefano Manni si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre Franco Montanaro ha respinto ogni addebito e ha negato ogni accusa. È durata poco l'udienza di garanzia davanti al gip di Pescara Nicola Montanaro per i due neofascisti arrestati due giorni fa nell'operazione «Aquila Nera». Il legale di Montanaro, Gabriele Torello, ha presentato istanza di scarcerazione per il suo assistito, mentre ogni azione successiva per Manni verrà decisa al ritorno in Italia del legale titolare della sua difesa, l'avvocato ascolano Mauro Gionni, salito alle cronache per essere stato il legale di parte civile della famiglia di Melania Rea, uccisa nel 2011 a Ripe di Civitella del Tronto (Teramo), moglie del caporalmaggiore dell' Esercito Salvatore Parolisi che per uxoricidio è stato condannato a 30 anni in Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila. Come detto, entro sabato, cioè a cinque giorni dagli arresti, dovranno essere effettuati gli interrogatori di garanzia.

COLPA DI FACEBOOK «Tutta colpa di Facebook, aderivo alle idee del gruppo, applaudivo e apprezzavo i commenti, ma non mi sono mai reso conto della pericolosità del gruppo, è stata una mia dabbenaggine».

Si è difeso così invece Emanuele Pandolfina, uno degli arrestati nel blitz contro i neofascisti di Avanguardia Ordinovista.

Come ha riferito il legale di Pandolfina, Antonio De Blasio «il mio assistito non si è reso conto fino in fondo di cosa stava accadendo, non è un violento, anzi ha anche detto di avere cura degli animali e di accogliere gatti per strada - ha proseguito De Blasio - al giudice ha detto che se avesse letto l'ordinanza e le intercettazioni mai e poi mai sarebbe entrato nel gruppo». Pandolfina entra però nell'inchiesta come possibile basista per un furto di armi a un collezionista, ma il legale ha raccontato che «c'era questa ipotesi, ma lui non sapeva assolutamente che cosa ci avrebbero dovuto fare e non se l'è neanche chiesto: io lo conosco bene, ha piccoli precedenti, ma non ha mai fatto atti di violenza». Al termine dell'udienza l'avvocato De Blasio ha chiesto per il suo assistito la trasformazione degli arresti in carcere ai domiciliari.