Il senso di un ruolo/ La frontiera delle donne oltre la trincea dei diritti

di Marina Valensise
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Mercoledì 8 Marzo 2017, 00:05
Altro che mazzi di mimose non graditi e rifiutati apertamente, con l'accusa di veterofemminismo da una parte e dall'altra Per festeggiare l'8 marzo 2017, giornata internazionale della donna, si è pensato bene di indire uno sciopero globale, in cinquanta Paesi, per protestare contro la violenza e le diseguaglianze di genere. Siamo a posto. Già era difficile riuscire a condividere una linea moderata, che miri a salvaguardare lo specifico femminile, sostenendo la battaglia contro le differenze di genere, la parità di salari, l'accesso delle donne alle filiere di formazione scientifica, unica condizione la loro piena valorizzazione nelle aziende, nelle imprese, nei gangli produttivi del mondo contemporaneo. 

Ed ecco che adesso ci troviamo a dover affrontare le non simpatiche ripercussioni di uno sciopero globale. Milioni di donne bloccate nei trasporti pubblici, impedite di tornare a casa, per l'assenza di treni regionali, di metropolitane, di autobus. Davvero una bella idea, un bel servizio all'emancipazione femminile. Non che il tema in sé non vada difeso. Va difeso eccome. Ma personalmente non credo che il massimalismo faccia bene alla causa. E la causa, insisto, merita ancora di essere sostenuta. Eccome.
Infatti il 60 per cento dei laureati sono donne, ma le donne continuano a essere retribuite molto meno degli uomini. Cifre alle mano, le aziende più illuminate hanno dimostrato come reclutare personale femminile sia la premessa per un aumento significativo della produttività.

A tal proposito leggere le recenti statistiche di Ntt Italia, e le dichiarazioni dell'ad Walter Ruffinoni. Ma le aziende più produttive stentano a reclutare dirigenti e personale di sesso femminile, perché le donne sono ancora indietro nell'intraprendere studi di materie scientifiche, di economia, di matematica e tecnologia (il famoso Stem). Scoraggiate dall'abitudine incorreggibile al disimpegno, da una carente formazione scolastica e dall'assenza di emulazione, le ragazze continuano a dirottare volentieri verso gli studi umanistici, che se rappresentano un indubbio arricchimento sul piano formativo, su quello dell'economia del lavoro rischiano di assicurare solo funzioni ancillari.
E poi oggi è anche vero che a soffrire di più della diseguaglianza di genere siano i maschi, non le femmine. I maschi che si sentono assediati, non riescono a ritrovarsi nei vecchi ruoli tradizionali, dell'uomo alfa, protettivo e rassicurante che si fa carico di moglie e figli. Sono i maschi che accusano ritardi, svogliatezza, senso di inadeguatezza rispetto alla determinazione delle femmine loro coetanee, in marcia a grandi passi verso l'autonomia e l'emancipazione. Il risultato, visto da una parte e dall'altra, è un mondo in squilibrio, dove le donne, spesso brillanti, super diplomate e di successo, si ritrovano condannate a una solitudine morale e sentimentale senza scampo. E dove gli uomini finiscono in cerca di altri orizzonti, a volte persino estremi, a volte solo più rassicuranti di quelli classici. 

S'aggiunge a questo la crisi demografica che affligge tutti i Paesi occidentali a economia avanzata, e in particolare il nostro, dove i nati nel corso dell'ultimo anno sono sotto la soglia dei 500 mila, che ci riporta all'epoca buia della denatalità post medievale e premoderna. I demografi lanciano il grido d'allarme. Di questo passo tra cinquant'anni l'italiano e l'italiana non esisteranno più, saranno solo un lontano ricordo. Urge dunque cercare di invertire la tendenza. Urge anticipare l'autonomia dei giovani, e delle donne, restituire legittimazione sociale e culturale alla maternità precoce (e la precocità oggi si attesta intorno ai 22-25 anni, visto la crescente tendenza al fenomeno delle primipare attempate). E soprattutto urge tornare ai fondamentali: il che vuol dire ridare dignità alla pedagogia e tutelare l'educazione severa, così è urgente tutelare la lingua italiana, a cominciare dall'uso corretto della grammatica e della sintassi. Smettiamola perciò di proiettare desideri irrealizzabili sui nostri figli e sulle nostre figlie, per farne delle piccole Barbie viziate alle quale tutto è concesso, per le quali tutto è possibile. La vita è breve e il tempo e le risorse sono limitati. Meglio saperlo e prepararsi di conseguenza. 
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