De Cataldo al Csm per le telefonate con Buzzi: vittima della macchina del fango

De Cataldo al Csm per le telefonate con Buzzi: vittima della macchina del fango
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Mercoledì 6 Aprile 2016, 19:17 - Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 19:37
«Non ho niente da rimproverarmi e trovo singolare che gli atti di una procedura sostanzialmente riservata siano con tanta disinvoltura divulgati sulla stampa, ingenerando illazioni di diffamatorie sulla mia persona». Si sente vittima di una macchina del fango il giudice-scrittore Giancarlo De Cataldo, divenuto famoso con Romanzo Criminale, e lo dice chiaramente il 21 marzo scorso ai consiglieri del Csm che hanno aperto un fascicolo su di lui per la vicenda delle sue telefonate ed sms con Salvatore Buzzi, ras delle cooperative e ora tra i principali imputati del processo Mafia Capitale. E ipotizza - come emerge dal verbale di 45 pagine della sua audizione - che ciò che gli sta accadendo sia una reazione al suo romanzo Suburra, che «ha smosso qualche interesse, visto che ha anticipato gli eventi, squarciando un velo di conformismo e ipocrisia che avvolgeva le vicende della nostra capitale».

È De Cataldo stesso ad aver chiesto di essere ascoltato e parla per un'ora e mezza di fila, consultando i suoi appunti e poi rispondendo alle domande dei consiglieri. Chiarisce subito di aver conosciuto Buzzi 30 anni fa quando era magistrato di sorveglianza e racconta che il leader della Cooperativa 29 giugno, prima dell'inchiesta del procuratore Pignatone, era per istituzioni, mondo politico e sindacale il «simbolo del detenuto rieducato». E spiega che dei 13 contatti avuti con Buzzi tra il marzo del 2013 e il 19 novembre 2014 finiti nelle intercettazioni della procura di Roma, la gran parte sono chiamate e sms che ha ricevuto e rispetto alle quali riteneva di non avere «nulla da temere», «non sospettando minimamente che l'uomo avesse subito l'involuzione che sarebbe poi sfociata nel procedimento Mafia capitale».

Il rapporto - che secondo il magistrato non fu mai connotato da «familiarità» ma semmai da ironia - si interruppe quando Buzzi gli disse che era in contatto con Massimo Carminati, «un pregiudicato che avevo condannato e con il quale non potevo e non volevo avere alcun contatto»: allora «non avevo elementi per ipotizzare un legame delinquenziale tra Buzzi e Carminati ma la sola citazione del nome di Carminati mi indusse a prendere le distanze».

Così non ebbe seguito la proposta che Buzzi gli fece in quella stessa telefonata di sottoscrivere le obbligazioni della 29 giugno: «Gli dissi per levarmelo davanti, "mandami quei prospetti economici del prestito obbligazionario che vuoi lanciare", e non è successo più niente...». E per provare di non aver investito «un centesimo», De Cataldo si dice pronto ad andare sino in fondo: «Tiro fuori i miei conti e li guardate, i miei e quelli di mia moglie».

Fu solo una battuta invece quella fatta qualche tempo prima della rottura, in risposta a un sms di Buzzi che lo proponeva come sindaco di Roma, con Carminati come capo dei vigili: «Lui sì che fa funzionare le cose». Così come aveva la stessa natura la replica al leader della Cooperativa 29 giugno che lo invitava ad andare al funerale di un gangster romano Gianfranco Urbani, detto il Pantera, a cui fu ispirato il personaggio del Puma di Romanzo Criminale: «Porello, banditi così non se ne fanno più».  

Niente di strano neppure nella scelta di rivolgersi a Buzzi per soddisfare la richiesta di Maurizio Braucci (che sarà lo sceneggiatore del film Pasolini di Abel Ferrara) di incontrare Pino Pelosi: «Non sapevo con certezza che Pelosi facesse parte della 29 giugno, ma quando uno fa un film a Roma e ha interesse a una storia criminale, lì va a finire, o meglio lì andava a finire. Quindi chiesi a Buzzi se c'era questa possibilità».

 
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