Zelensky a Montecitorio ma i forfait agitano la Camera. Salvini assolve gli assenti: «Giudico chi c'era»

Zelensky a Montecitorio, ma i forfait agitano la Camera. Salvini assolve gli assenti: «Giudico chi c'era»
di Francesco Malfetano
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Martedì 22 Marzo 2022, 14:56 - Ultimo aggiornamento: 17:55

Un'ovazione poi, per 12 minuti, il silenzio. Poche ore fa a Montecitorio il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha tenuto il suo discorso alle Camere riunite, a cui è poi seguita la replica del presidente del Consiglio Mario Draghi. Forse meno incisivo nell'eloquio, nelle immagini e nelle richieste rispetto alle parole usate al Bundestag o al Congresso Usa - nonostante i paralleli tra Roma e Kiev e, soprattutto, tra Genova e Mariupol - come ampiamente annunciato, il discorso del leader combattente ha scatenato le polemiche. Ad agitare il mare magnum della politica nostrana i molti "buchi" tra gli scranni del Parlamento. In Transatlantico qualcuno azzarda «sono più del previsto», «una ventina su 900 dice qualcun altro», ma la verità è che non c'è un computo esatto.

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Gli assenti

La riunione era infatti informale e quindi non tutti hanno dichiarato la propria presenza o meno.

Diversi eletti, tra l'altro, si trovano invece in missione all'estero o comunque impossibilitati a presenziare. In ogni caso non c'è stasto il tutto esaurito per l’evento. I gruppi parlamentari erano tutti sostanzialmente presenti, ma i banchi più in alto nell’aula sono rimasti vuoti. E quasi completamente vuote erano le tribune. Un particolare non secondario se si considera il fatto che il Parlamento era convocato in seduta comune e molti scranni erano occupati dai senatori. Come Matteo Renzi, che pur provenendo da palazzo Madama ha occupato uno scranno al centro del gruppo di Iv da dove a lungo, prima e dopo la seduta, ha arringato un drappello di suoi parlamentari. Presenti tutti gli altri leader di partito: Enrico Letta, seduto tra le due capogruppo Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Non è sfuggita però l'assenza di Giuseppe Conte, che non è un parlamentare, ma da ex premier avrebbe potuto con ogni probabilità essere presente. Pieni in ogni ordine, invece, i banchi del governo. Tutta l’aula, in religioso silenzio, ha ascoltato le parole del presidente ucraino, mai interrotto. Mentre poco dopo l’intervento di Draghi è stato puntellato da 10 applausi, prima dell’ovazione finale cui ha preso parte tutto l’emiciclio, opposizione compresa.

 

Le assenze annunciate


A far rumore sono proprio le assenze annunciate. Intanto il presidente della Commissione esteri della Camera in quota 5s Vito Petrocelli. Poi il senatore della Lega Simone Pillon («A Londra per un impegno» sottolinea però il segretario leghista Matteo Salvini intercettato all'uscita dall'Aula), la senatrice del gruppo Misto Bianca Laura Granato, i deputati Emanuele Dessì del Partito Comunista, Veronica Giannone e Matteo Dell'Osso di Forza Italia (tutti e tre ex 5S) e la deputata M5s Enrica Segneri. Con loro, oltre all'intero gruppo di L'Alternativa C'è (principalmente ex grillini fuoriusciti dal Movimento), anche il senatore di ItalExit Gianluigi Paragone. Un gruppetto abbastanza folto alla guida dell'area filo-putiniana attiva tra Montecitorio e Palazzo Madama, uno schieramento che la settimana prossima potrebbe in qualche modo spuntarla, segnando un'importante vittoria in termini di propaganda. Al voto previsto al Senato sull'odg per l'invio di nuove armi all'Ucraina infatti, tra i contrari si iscriveranno anche molti cinquestelle e diversi leghisti, in contraddizione con le preferenze già espresse alla Camera. 

Intanto però, tornando ad oggi, i presenti ci vanno giù abbastanza pesante. «Chi è assente risponderà alla propria coscienza e agli elettori» dice ad esempio il senatore Pd Andrea Marcucci, accodandosi ad una dichiarazione simile della senatrice di +Europa, Emma Bonino. Caustico invece Matteo Richetti di Azione: «Vi vedo tutti molto preoccupati di chi mancava oggi in aula. Dovreste preoccuparvi del fatto che sono in aula i restanti giorni dell'anno». Meno netto, appunto, Matteo Salvini: «Giudico i presenti non gli assenti», annunciando i suoi dubbi sull'invio di nuove armi e sposando «la via del Santo Padre». Papa Francesco infatti, in mattinata ha sentito Zelensky. Un intervento che, secondo qualcuno, è servito ad ammorbidire il messaggio del presidente ucraino per evitare escalation. 

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