Muro contro muro. È scontro frontale tra governo e sindacati “rossi”, Cgil e Uil, sullo sciopero dei trasporti di venerdì. Lo sciopero si farà, ma dimezzato: durerà dalle 9 alle 13, quattro ore, e riguarderà «tutto il settore trasporti, a eccezione di quello aereo». A fine giornata il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini cala il sipario e firma la lettera per la precettazione.
Matteo Salvini: «Vogliamo trovare equilibrio tra diritto allo sciopero e alla mobilità»
Sciopero generale ridotto a 4 ore
Finisce così, su un binario morto, la trattativa con i sindacati che fino a ieri ha trattenuto il fiato alla maggioranza.
A nulla sono serviti i tentativi di mediazione che pure sono proseguiti nella giornata di ieri. Prima le parole di Giancarlo Giorgetti: «I sindacati hanno la totale legittimità a scioperare, però dire che questo sia un governo che non ha a cura gli interessi dei lavoratori dipendenti, questa critica proprio no: l’unica parte espansiva della manovra è proprio questa», ha detto in mattinata il ministro dell’Economia in audizione. Un faccia a faccia, prima del sipario finale, c’è stato anche con Fratelli d’Italia: nel pomeriggio alla Camera il capogruppo Tommaso Foti ha incontrato insieme a una delegazione di parlamentari i sindacati per discutere di manovra e, in seconda battuta, dello sciopero. Un’altra fumata nera. È una battaglia, quella contro le “sigle rosse” che agita le opposizioni. Oggi in Commissione lavoro a Montecitorio, su richiesta del Pd, sarà audito il Garante degli scioperi che lunedì aveva stroncato l’ipotesi di uno sciopero generale dei trasporti: «Non ci sono i presupposti». Un niet che ora mette l’Authority nel mirino della minoranza con il sospetto di una scelta “politica” e non dettata da ragioni tecniche. Di certo politico è ormai diventato il duello sulla protesta di venerdì che in questi giorni ha visto un regista indiscusso nella maggioranza.
MURO CONTRO MURO
Salvini è un fiume in piena e cavalca l’ostruzionismo di Landini e Bombardieri: «Spiace per il Pd che asseconda i capricci di chi protesta contro la manovra». È un fuoco di fila che inizia di buon mattino, con il leader della Lega sul palco dell’assemblea di Alis Italia: «Milioni di persone che devono andare a lavorare useranno la macchina e non prenderanno treni, autobus o metropolitana». Pugni e carezze. Queste ultime sono tutte per Luigi Sbarra, il leader di quella Cisl che il Carroccio tratta con i guanti, «abbiamo sottoscritto la loro proposta di legge sulle partecipazioni dei lavoratori alle imprese», annuncia Salvini. Con gli altri, «i rossi», è muro contro muro, fino allo stop finale e la lettera firmata al ministero. Sulla linea dura si schiera anche il resto della maggioranza.
La premier Giorgia Meloni, presa tra mille fuochi - Mes, balneari, diplomazia - manda avanti i suoi e affida al capogruppo Foti il compito di dettare la linea. L’ordine di scuderia in Fratelli d’Italia è di non personalizzare la battaglia con Landini, «non è il caso di farne una vittima», spiegano dal cerchio della premier. Lui, Landini, la chiama in causa: «Meloni che dice?». Ma lo stallo messicano con i sindacati e la lettera firmata in serata da Salvini archiviano dubbi e tentennamenti. Lo sciopero sarà dimezzato. Il duello con Cgil e Uil invece no.