Camera, Rampelli (FdI) "sfratta" Napoleone da Montecitorio: «Via quel quadro, mi infastidisce»

Il vicepresidente della Camera ha chiesto di rimuovere un dipinto che raffigura il condottiero francese dal piano nobile del Palazzo: “Depredò l’Italia di opere”

Il dipinto nella polemica
di Andrea Bulleri
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Sabato 7 Ottobre 2023, 16:32 - Ultimo aggiornamento: 18:11

Fabio Rampelli “sfratta” Napoleone da Montecitorio. Ebbene sì: il ritratto del condottiero francese, affisso nell’anticamera dello studio del vicepresidente della Camera di Fratelli d’Italia, dovrà traslocare. Il motivo? “Mi infastidisce che sia qui”, ha spiegato Rampelli, che ha dato ordine di trovare un’altra collocazione al dipinto del pittore milanese Andrea Appiani, esponente del neoclassicismo italiano. Una tela di proprietà della Pinacoteca di Brera e in “deposito temporaneo” alla Camera dal 1927. Ma da oggi, non più al piano nobile del palazzo. 

“Non mi disturba il fatto che il dipinto sia esposto a Montecitorio. L'arte non ha confini né appartenenze”, spiega Rampelli, “starebbe benissimo in una galleria insieme a tanti altri quadri. Ma mi infastidisce il fatto che sia qui, appeso nella mia anticamera nel piano più importante di un palazzo che rappresenta il tempio della sovranità nazionale. Ecco, Napoleone ha cercato di annetterla al suo impero. Viva l'arte, ma il suo ritratto non sta nel posto giusto”.

Lo "sfratto"

Il motivo, insomma, è tutto politico, sebbene dalla campagna d’Italia di Napoleone siamo passati più di due secoli. Una ferita è ancora aperta, per il vicepresidente dell’Aula. Ma soprattutto una battaglia simbolica, per l’esponente di Fdi, partito che ha fatto della sovranità nazionale una delle sue bandiere. 

“Nel corso delle sue campagne di conquista Napoleone depredò l'Italia di immensi tesori: quadri, statue, arazzi".

Continua Rampelli. “Un patrimonio destinato ad arricchire le collezioni del Louvre la cui costruzione iniziò proprio in quel periodo. Ci fu addirittura un ambasciatore speciale, lo scultore Canova mandato dal Papa per recuperare il maltolto”, ricorda l’esponente di Fratelli d’Italia.

Di quelle opere, dice Rampelli, solo "una piccola parte tornò in Italia, ma basta visitare il Louvre per rendersi conto di come la nostra arte arricchisca la Francia contribuendo alla sua grandeur e non a quella dell'Italia". Non è la priva volta che il deputato meloniano solleva il problema delle opere “trafugate”. Anzi: già in passato, aveva chiesto di sollevare l’argomento durante la discussione di accordi bilaterali, come il trattato del Quirinale. Finora, senza esito. 

Meglio dunque che alla Camera sia esposto altro. “Io ci metterei una bella opera leonardiana a sottolineare il fatto che Da Vinci era ed è italiano”, chiosa. Chissà se stavolta la battaglia di Rampelli avrà successo. Sarà vera gloria? Ai posteri - avrebbe detto il poeta - l’ardua sentenza.

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