​Presidenzialismo, i precedenti: a D'Alema a Renzi, tutti i tentativi di cambiare la Costituzione

Fino al 2000 regnavano le Bicamerali (tutte fallite), poi si passò alle riforme in Aula con i successivi referendum (con un bilancio diverso)

Presidenzialismo, i precedenti: a D'Alema a Renzi, tutti i tentativi falliti di cambiare la Costituzione
di Riccardo Palmi
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Mercoledì 1 Novembre 2023, 14:44 - Ultimo aggiornamento: 17:45

Il testo sul premierato arriverà in consiglio dei ministri venerdì. Una riforma snella, di "soli" cinque articoli, che punta a dare maggiori poteri al premier e assicurare la stabilità dei governi. La strada, per Giorgia Meloni, si presenta però piena di tornanti, dossi e salite. Massimo D'Alema e Matteo Renzi da sinistra, Silvio Berlusconi da destra: in molti hanno provato a mettere mano alla Costituzione, pagandone lo scotto. Se fino agli anni Duemila lo strumento preferito di chi voleva cambiare la Carta sono state le Bicamerali (con scarsi risultati), in seguito si è puntato sui referendum costituzionali, dove il bilancio è un po' diverso. 

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Le Bicamerali

La prima Commissione Bicamerale (ossia composta da deputati e senatori) fu lanciata tra il 1983 e il 1985 e prese il nome dal liberale Aldo Bozzi. Puntava a modificare la seconda parte della Costituzione (quella che disciplina Governo, Parlamento e Presidente della Repubblica) e formulò alcune proposte che però finirono in qualche cassetto. Dieci anni dopo (1993-1994), sull'onda di Tangentopoli, nacque la Bicamerale De Mita-Iotti (con la presidenza affidata prima al leader Dc e poi alla storica esponente del Pci). La Commissione formulò una proposta pensata sul sistema tedesco, con il premier dotato di poteri simili a quelli del cancelliere. Anch'essa naufragò per lo scioglimento anticipato delle Camere, nel 1994. Un ultimo tentativo di salvarsi dall'interno prima dell'avvento della cosiddetta Seconda Repubblica, con l'arrivo a Palazzo Chigi di Berlusconi.

Nel 1997, ecco la Bicamerale D’Alema, intenzionata a portare l'Italia in un sistema semipresidenzialista, riducendo anche il numero dei parlamentari. In molti oggi ricordano il "patto della crostata", ossia l'accordo informale tra Massimo D'Alema e Franco Marini con Berlusconi e Gianfranco Fini, durante una cena a casa di Gianni Letta. Anch'essa però naufragò per via dei dissidi tra Berlusconi e il presidente della Commissione D’Alema. 

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I referendum costituzionali

Falliti i tentativi delle Bicamerali, ecco arrivare i referendum costituzionali. Qui il bilancio è meno cupo: due vittorie a testa tra "sì" e del "no". Nel 2001, quello sul Titolo V della parte seconda della Costituzione (proposto dal centrosinistra per inseguire la Lega Nord sul tema dell'autonomia) vide un'affluenza piuttosto bassa (il 34%) e una netta affermazione dei favorevoli, pari al 64%. 

Bocciato invece quello del 2006: allora si votò il referendum sulla "devolution" (con alcuni elementi vicini alla riforma attuale, come il premierato). A lanciarlo fu il governo di centrodestra presieduto da Silvio Berlusconi, ma fu votato pochi mesi dopo le elezioni politiche che portarono al Governo Prodi II. Anche per il mutato clima politico, venne bocciato dal 61% degli elettori, che pure furono di più (il 52% degli aventi diritto). Nel dicembre 2016, gli elettori respinsero la riforma targata Matteo Renzi e Maria Elena Boschi.

Un maxi-testo che puntava al superamento del bicameralismo perfetto, a riscrivere il rapporto tra Stato e Regioni, eliminando anche le province e infine sopprimendo il Cnel. Votò contro quasi il 60% degli elettori, ma l'affluenza sfiorò il 70%. L'ultimo referendum fu infine quello del 2020 sul taglio dei parlamentari, promosso sull'onda del "grillismo". Vinse il fronte del sì (con quasi il 70%) e un'affluenza del 51%. Precedenti utili per chi, come Giorgia Meloni, è intenzionata a mettere mano alla Costituzione. 

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