Donazioni non detraibili, «I partiti non sono onlus»

Norma voluta in Cdm dal viceministro Leo. Malumore Lega-Fi, poi l’accordo. «I fondi da privati sono poche migliaia di euro l’anno». E i tesorieri si convincono

Donazioni non detraibili, «I partiti non sono onlus»
di Francesco Malfetano
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Sabato 30 Dicembre 2023, 00:41

Ora ai partiti resta “solo” il due per mille. Con le aliquote Irpef, passate da tre a quattro, il governo ha deciso di tagliare anche la possibilità di detrarre al 19 per cento le donazioni alle forze politiche. O meglio, entrando nel dettaglio della norma, in caso di donazione è stata imposta una decurtazione di 260 euro se il donatore ha un reddito superiore a 50.000 euro lordi. In altri termini, a dispetto di quanto avvenuto finora con i partiti assimilati a organizzazioni non-profit, si ottengono minori vantaggi fiscali a sostenere direttamente le forze politiche, specie se si tratta di piccole donazioni. 


Si tratta di uno degli ultimi totem del finanziamento ai partiti che, al netto della rediviva (e decisamente più ricca) possibilità di destinare una quota delle imposte in dichiarazione dei redditi al due per mille, alimenta una classe politica che nel 2024 dovrà affrontare non solo le elezioni Europee di giugno, ma anche le urne in cinque diverse regioni e in 3.700 comuni, di cui 27 capoluoghi di provincia. 


I MALUMORI
Inevitabile quindi qualche malumore. Tant’è che durante il Consiglio dei ministri che ha varato la norma il viceministro all’Economia Maurizio Leo è stato chiamato (tanto dalla Lega e da Forza Italia tanto dal sottosegretario Alfredo Mantovano) a chiarire la ratio di una norma rivista a seguito di alcune perplessità sollevate durante l’iter parlamentare. 


Un intervento «mini» e concordato con Giorgia Meloni, sottolineano fonti vicine al viceministro, utile ad evidenziare come - a dispetto di quanto fatto fino a questo momento - non sia più possibile considerare un partito assimilabile a onlus o ad associazioni del terzo settore, dato che «non svolgono una sostanziale funzione sociale». Per di più perché le donazioni che beneficiano della detrazione oggetto del taglio non solo sono «davvero poche» («nell’ordine di qualche migliaio»), ma sono anche oggetto di «un tetto massimo» che limita il beneficio.

In altri termini «è una questione di equità» avrebbe scandito Leo in cdm, convincendo senza troppe remore gli alleati che non si trattava di una zappa tirata sui piedi a tutti i presenti.


L’ATTESA
Al netto di ciò più o meno tutti i partiti restano in attesa - almeno fino alla fine del prossimo anno - di capire che effetto avrà davvero questa decisione sulle casse delle forze politiche. I tesorieri dell’opposizione però si trincerano dietro un «no comment», specie per quanto riguarda i principali partiti, Partito democratico e Movimento 5 stelle. 
Agguerrito invece come al solito il capogruppo forzista al Senato Maurizio Gasparri che punta genericamente il dito contro i grillini «che volevano abolire ogni finanziamento alla politica ora danno 300mila euro di soldi comunque pubblici a Grillo». 


A onor del vero però nessun partito, eccetto Fratelli d’Italia (che lo scorso anno ha più che quadruplicato gli incassi derivanti da donazioni), se la passa davvero bene. Forza Italia è alle prese con il post-Berlusconi e la voragine lasciata dalla fideiussione da 90 milioni di euro sinora garantita proprio dal Cavaliere. Il Movimento 5 stelle attende fremente il 22 gennaio per ottenere il suo primo due per mille dopo averlo rifiutato per anni. Il Pd continua a vantare un debito di 5,5 milioni di euro nonostante sia storicamente il partito che riceve più donazioni attraverso le dichiarazioni dei redditi degli italiani. Saldi più o meno in pari per la Lega e le altre formazioni più piccole come Italia viva o Azione e +Europa. 
In altre parole il 2024 si annuncia un anno in cui, al di là delle tante battaglie elettorali all’orizzonte, più d’un partito potrebbe presentarsi con le armi spuntate. 
 

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