Piazze e piazzette, alberature, scalette fisse e temporanee: nel progetto in gestazione al Comune di Roma di cambiamento di via dei Fori Imperiali, dopo l’archeotram - un percorso tranviario da fare con le vetture più vecchie in circolazione a Roma e nel resto d’Europa - spiccano anche gli “interventi spot” che emergono dalle carte.
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LE SCALETTE
Nelle decine di pagine che compongono il progetto, dietro una prosa fluente che dipinge scenari e panorami di una Roma del futuro lontana dalla realtà del presente fatta di venditori abusivi e degrado nel cuore della Città Eterna, spiccano «la scalinata provvisoria di connessione con via dei Fori» la cui localizzazione non è chiarita in modo esatto ma anche la «scalinata verso il Carcere Mamertino» che dovrebbe partire dal Foro di Cesare e, di fatto, andare a duplicare l’esistente via di San Pietro in Carcere.
LE PIAZZE
C’è poi il capitolo “piazze”. La lunghissima dissertazione su via dei Fori Imperiali esamina le due «ipotesi di conservazione e smantellamento» dell’attuale strada che collega piazza Venezia con il Colosseo. L’idea finale che viene sposata nel documento capitolino è quella della «trasformazione dei Fori nelle piazze aperte». Anche se rimane ancora in considerazione la visione della trasformazione della strada in «un viale alberato in stile ottocentesco», in realtà per il Comune la «“soluzione innovativa” prevede che il tracciato non verrà più vincolato dalla forma attuale ma potrà essere assorbito in uno spazio pubblico più ampio e variegato. In teoria la sua ampiezza può estendersi fino a costituire una piattaforma sospesa sopra l’area archeologica» e «la varietà può comprendere altri elementi urbani come piazze, slarghi, scalinate, balconate e giardini».
IL CONCORSO
La scelta del Comune è di non scegliere: l’analisi sulla soluzione alla fine rimanda a un concorso internazionale da bandire: occorre «lasciare al concorso di architettura la libertà di definire il paesaggio antico-contemporaneo e di conseguenza anche di scegliere tra le diverse forme assiali della strada. Se, invece, il vincolo dell’assialità fosse definito con un’interpretazione univoca e arbitraria, si otterrebbe un’impropria limitazione all’inventiva dei progettisti concorrenti. E sarebbe una decisione ideologica rivolta al passato che rinuncerebbe a inventare soluzioni per l’avvenire».