Conte, Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin di Forza Italia votano la fiducia. Tajani: «Fuori da Forza Italia»

Conte, Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin di Forza Italia votano la fiducia
di Barbara Acquaviti
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Martedì 19 Gennaio 2021, 21:49 - Ultimo aggiornamento: 20 Gennaio, 14:16

Il collegamento dalla Francia con l’ennesimo vertice, rende più difficile seguire la discussione. Ma Silvio Berlusconi dice quello che gli alleati vogliono sentire: «Abbiamo chiamato tutti, non ci saranno defezioni». Ma è ancora l’inizio di una lunga giornata, ed è solo ottimismo della volontà. Anche al Senato tra le file di Forza Italia si genera “l’effetto Polverini”: votano a favore della fiducia Andrea Causin che da due giorni si negava al telefono, ma anche Maria Rosaria Rossi, l’ex fedelissima del Cavaliere, ribattezzata “la badante” all’epoca delle cene eleganti. «Sono fuori dal partito», tuona subito dopo Antonio Tajani. Ma il danno è fatto e ora il timore è che sia solo l’inizio.

La giornata è tutto un rincorrersi di voci e smentite. Ma non serve l’opera di chissà quale avvelenatore di pozzi per alimentare una diffidenza reciproca che, insieme alle diverse ricette per il futuro, impediscono al centrodestra di restituire davvero quell’immagine di compattezza che pure il “consiglio di guerra” perenne istituito dall’inizio della crisi dovrebbe suggerire.
E ora che Giuseppe Conte ha ottenuto la sua maggioranza al Senato, pur rimanendo sotto la soglia dei 161, si guarda al Quirinale. Matteo Salvini parla di esecutivo «minestrone». «Se c’è un governo che non ha la maggioranza e passa il tempo a convincere, non voglio pensare con quali proposte, qualcuno a cambiare casacca, non credo che il garante della Costituzione potrà osservare questo scempio ancora a lungo».

Giorgia Meloni batte sullo stesso tasto.

Per la leader di FdI un governo senza la maggioranza assoluta in un ramo del Parlamento «non può andare avanti». «Non si può far finta che le cose vadano bene», «il centrodestra deve chiedere un colloquio» al capo dello Stato, «non credo che chiuderà un occhio».

Tutti nell’opposizione sono consapevoli che se finora le lusinghe nei confronti dei propri senatori sono state incessanti, un volta che Mattarella dovesse concedere più tempo all’avvocato, la trattativa entrerebbe nel vivo. E, allora sì che sarà indispensabile serrare i ranghi. L’Udc finora ha retto, ma Paola Binetti alimenta qualcosa di più di un sospetto. «Mai dire mai», ammette dopo aver parlato in un corridoio di palazzo Madama con il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà. Forza Italia è una polveriera pronta a esplodere, in caso di elezioni le truppe parlamentari sarebbero decimate: un nuovo governo e la prospettiva di una lista Conte sono delle sirene che suonano dolci alle orecchie di chi sa che in Parlamento, diversamente, non tornerà.

Durante le crisi accadono cose strane. Si è diffidenti verso chi è alleato ma, a sorpresa, si aprono anche inediti canali. Perché evidentemente la logica del “il nemico del tuo nemico è mio amico” può far dimenticare anche gli scontri di appena un anno e mezzo fa. E così, Matteo Salvini e Matteo Renzi hanno cominciato in questi giorni a parlarsi. Contatti nei corridoi di palazzo Madama, telefonate anche. Perché l’obiettivo comune nell’immediato è lo stesso: far fuori dai giochi Giuseppe Conte. Il leader della Lega ha raccontato nei vari vertici di centrodestra di questi contatti.

Al punto che ieri sera, nelle file dell’opposizione, avevano cominciato a credere alla “pazza idea” che Renzi avrebbe fatto un nuovo coup de theatre. «Ci ha detto che aspetta la prima chiama, poi decide». Tutti lì elenchi alla mano, mentre sul tabellone scorrevano i nomi dei senatori, a controllare non soltanto la fedeltà dei propri parlamentari ma anche a vedere se l’ex premier avrebbe fatto un’ultima mossa del cavallo, spostando a sorpresa i suoi sul no alla fiducia. Alla fine Italia viva si è astenuta, come dichiarato.

Ma uno strano asse si potrebbe creare giorno per giorno in Parlamento. Matteo Renzi ha già prefigurato al presidente del Consiglio il Vietnam che di fatto si scatenerà nelle varie commissioni parlamentari, dove il governo ha risicate maggioranze o non le ha affatto. Una strategia che anche il centrodestra si sta preparando ad attuare.
 

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