«Anche per lui porteremo a casa gli obiettivi che insieme ci eravamo dati. A Dio Silvio». A salutare Berlusconi con un video-messaggio da palazzo Chigi è una Giorgia Meloni in doppio petto, proprio come il Cavaliere ha insegnato a un paio di generazioni di politici. Del resto anche l’attuale governo è uno dei tanti figli delle stagioni berlusconiane. E quindi, oggi, ne è inevitabilmente (e forse pericolosamente) orfano. «Mancherà - chiosa il vicepremier Matteo Salvini - però abbiamo ancora tanto da fare. Solo che sarà più difficile perché riusciva a mettere d’accordo». E ancora, dice invece Meloni al Tg5 raccontando dell’ultima chiamata («Sono fiero del tuo lavoro») e dell’impegno per portare avanti in suo nome «La riforma costituzionale, la delega fiscale e abbassare le tasse sul lavoro». Per poi giurare che nel governo «non litigheremo»: «Glielo dobbiamo. Per noi oggi questa è una responsabilità in più e non è facile, perché bene o male lui oltre a essere il collante era anche quello che tra noi aveva più esperienza».
IL CONSENSO
A loro modo i tanti «no comment» che trincerano le comunicazioni di ministri e dignitari dei partiti di governo, nascondono il fermento di chi sa che le cose non saranno quelle di prima. Fratelli d’Italia e Lega, già consapevoli che questo momento sarebbe arrivato nel corso della legislatura, sono pronte ad attrarre il consenso forzista. Voti che a differenza dei parlamentari - «Quelli dove vuoi che vadano ora, in Aula in questa fase cambierà poco» sibila uno dei più fedeli consiglieri di Meloni - è convinzione diffusa cambieranno destinazione subito. In pochi infatti credono davvero che FI possa sopravvivere allo shock. E non per colpa delle capacità politiche di Antonio Tajani o Marta Fascina, quanto perché quello lasciato dal Cavaliere non è un vuoto di potere ma una voragine incolmabile.
La speranza che accomuna tutti in FI è che si possa conservare quel ruolo da mediatori che Silvio aveva imposto negli ultimi mesi. Se però così non dovesse essere, nel partito sarà il liberi tutti. «Una grossa fetta andrà a FdI, un’altra alla Lega e qualche peone con Renzi» prepara il pallottoliere un ministro. La certezza è che per gli equilibri della maggioranza - dicono - non sussistano pericoli. Opinabile. «Bisognerà concordare ogni cambio di casacca o sarà il caos» è il monito di chi, non senza fatica, questo governo ha contribuito a crearlo.
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