Tony Hadley, tour in Italia da solista: «Gli Spandau Ballet? Con gli altri non parlo. Purtroppo le cose sono andate male»

Parla il 63enne cantante britannico, storica voce della band culto degli Anni '80. Stasera sarà in concerto al Teatro Romano di Ostia Antica.

Tony Hadley, tour in Italia da solista: «Gli Spandau Ballet? Con gli altri non parlo. Purtroppo le cose sono andate male»
di Mattia Marzi
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Domenica 25 Giugno 2023, 08:10 - Ultimo aggiornamento: 26 Giugno, 09:34

Della band con la quale negli Anni ’80 vendette la bellezza di 25 milioni di copie in tutto il mondo, che si sciolse una prima volta nel 1990, si riformò nel 2009 e poi si sciolse (definitivamente?) nel 2019, parla malvolentieri: «Gli Spandau Ballet? Parlo solo con Steve Norman, il sassofonista», taglia corto Tony Hadley. A 63 anni la storica voce di hit iconiche come True, Gold, I’ll Fly for You e Through the Barricades, tra le più rappresentative di quel decennio magico che oggi torna prepotentemente a bussare alle porte delle classifiche (anche grazie a serie tv e film: Running Up That Hill di Kate Bush ha superato il miliardo di ascolti su Spotify dopo essere stata scoperta dalla Generazione Z grazie a Stranger Things), ad appendere il microfono al chiodo non ci pensa proprio e continua a prendersi le sue soddisfazioni.

Da solista: «C’è molto, molto, molto da fare, in questo periodo, tra tour e nuova musica. Mi tengo impegnato. Ora sono appena tornato a casa, ma c’è già un aereo che mi aspetta», dice dall’altra parte del telefono. Stasera l’ex frontman degli Spandau Ballet darà il via dal Teatro Romano di Ostia Antica al suo tour italiano Mad About You, che dopo la Capitale farà tappa il 27 giugno a Verona, il 28 giugno a Bergamo, il 29 giugno a Castiglione Del Lago, il 30 giugno a Cattolica, il 18 luglio a Treviso e il 16 agosto a Campitello Matese.

Ad accompagnare Tony Hadley sul palco a Roma, oltre alla sua fedele The Fabulous TH Band, ci sarà anche l’orchestra Bruno Maderna diretta dal maestro Danilo Rossi.

Che rapporto ha con l’Italia, mr. Hadley?
«Speciale, direi. La prima volta che con gli Spandau Ballet suonammo nel vostro paese, nel 1981, eravamo ancora sconosciuti: un gruppo di culto. Poi tornammo nel 1985, stavolta da superstar: a Roma suonammo al Palazzo dello Sport, tra l’uscita di Parade e quella di Through the Barricades».

Che fase della carriera della band era, quella?
«Eravamo all’apice del successo. Guadagnavamo bene, giravamo il mondo con la nostra musica, inseguendo i nostri sogni».

La storia degli Spandau Ballet era cominciata una decina di anni prima nei corridoi della Dame Alice Owen’s School ad Islington, quando eravate tutti adolescenti. È vero che volevate mandare in pensione i Rolling Stones, Paul McCartney e tutti i rocker britannici della precedente generazione?
«Già. Eravamo convinti che si sarebbero dovuti ritirare a 35 anni. Oggi che ho 63 anni mi pento di quelle cose. Parlavo da giovane rocker ribelle, dicevo sciocchezze assolute».

La scena New Romantic, di cui eravate protagonisti assoluti, si radunava al Blitz di Covent Garden, a Londra: cosa ricorda di quelle prime esibizioni?
«Succedeva di tutto. Una volta Steve Strange (leader dei Visage, la band di Fade to Grey che insieme agli Spandau Ballet contribuì al successo del movimento New Romantic, ndr), che del locale era proprietario, una volta cacciò Mick Jagger, sostenendo che non fosse abbastanza eccessivo. E Boy George, invece, lì lavorava come guardarobiere».

Il revival delle hit degli Anni ’80 di questi anni come se lo spiega?
«È segno che le grandi canzoni rimangono, nonostante il passare degli anni. Contribuisce anche la nostalgia di chi ha vissuto quegli anni irripetibili. Meglio così: è tutta gente che poi acquista i biglietti per venire ai concerti (ride)».

L’idea di fare dei concerti con l’orchestra come nasce?
«Ne avevo fatto uno alla fine degli Anni ’90 insieme a Joe Cocker. Volevo dare alle canzoni un sapore diverso. Sottolineare anche la grandiosità degli arrangiamenti. A Roma e Verona faremo tutti i classici e un paio di canzoni nuove».

Quale arrangiamento l’ha sorpresa di più?
«Quello di Communication, una delle canzoni dell’album True del 1983, che quest’anno compie quarant’anni. Con gli Spandau Ballet suonava in un modo. Con l’orchestra è tutta un’altra cosa. C’è una splendida introduzione orchestrale, magistrale. Anche Golden non è male. E che dire di Through the Barricades?».

Negli anni ha collezionato svariate collaborazioni con artisti italiani: da Caparezza, che la volle al suo fianco in "Goodbye Malinconia", ad Arisa, che accompagnò al Festival di Sanremo nel 2019. Nel 2018 in Italia realizzò anche un album natalizio, "The Christmas Album", con uno staff tutto italiano. Mai pensato di trasferirsi a vivere qui?
«Confesso di averci pensato almeno un paio di volte, anche per l’affetto che puntualmente ricevo in Italia da parte del pubblico e degli addetti ai lavori. Ma alla fine le mie radici britanniche hanno avuto la meglio. Magari lo farò quando sarò più vecchio: ora sento di dover stare ancora vicino alla mia famiglia e ai miei figli, nel Regno Unito».

Ad aprile l’abbiamo vista al fianco di Morgan in una delle puntate del suo programma tv "Stramorgan", su Rai1. Morgan dice che tra voi due c’è feeling: cosa bolle in pentola?
«Mi sono trovato molto bene nel suo programma. È un bravo ragazzo, molto genuino. Mi sembra talentuoso. E l’ho trovato in gran forma. Verrà a suonare con me a Bergamo. Faremo un paio di pezzi a sorpresa: non dico altro».

Sta lavorando a nuova musica?
«Sì. Sto raccogliendo le canzoni per il mio nuovo disco di inediti da solista. Dovrebbe uscire entro la fine di quest’anno, tra settembre e ottobre».

Degli artisti di nuova generazione cosa gliene pare?
«Seguo Yungblud: lo trovo molto interessante. E poi Shawn Mendes, un grande artista pop».

E i Maneskin? Ne sente parlare nel Regno Unito?
«Sì, assolutamente. Sono davvero bravi, irresistibili: so che sono diventati popolarissimi in tutto il mondo».

Perdoni l’indiscrezione: cosa è successo con gli Spandau Ballet, che non si riformeranno più?
«Purtroppo con gli altri le cose sono andate male. Il motivo? Lo sanno loro. Io ero arrivato a un punto della mia vita e della mia carriera in cui volevo solo essere felice. E oggi finalmente lo sono».

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