Paolo Ruffini: «Sono innamorato e porto al cinema una storia d'amore. Nel film c'è anche la mia ex moglie»

L'ex ragazzo terribile dei cinepanettoni, livornese indomabile, 44 anni, presenta Rido perché ti amo

Paolo Ruffini: «Sono innamorato e porto al cinema una storia d'amore. Nel film c'è anche la mia ex moglie»
di Gloria Satta
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Mercoledì 28 Giugno 2023, 07:14 - Ultimo aggiornamento: 07:16

Ha creato una sorprendente compagnia di attori down con cui ha fatto lo spettacolo Up & Down, raccontato l'Alzheimer (PerdutaMente), denunciato il bullismo (Ragazzaccio). Come regista, Paolo Ruffini s'è inventato ora una nuova sfida: la commedia romantica. E mentre il genere torna di moda (secondo The Guardian quest'anno usciranno 36 film d'amore, tra cui Asteroid City), l'ex ragazzo terribile dei cinepanettoni, livornese indomabile, 44 anni, presenta Rido perché ti amo, il film che con la tenerezza di una favola ha diretto e interpretato, in sala il 6 luglio con biglietto a 3,50 euro. Protagonista è un pasticcere "stellato", il bravissimo Nicola Nocella, 100 chili di talento e grande somiglianza con John Belushi (da lui impersonato a teatro) che per inseguire il successo si lascia sfuggire la fidanzata Barbara Venturato a cui da piccolo aveva promesso eterno amore. Proverà a riconquistarla «ritrovando il bambino che era» mentre fioriscono altre love story. Nel cast Dafne Scoccia, Herbert Ballerina, Greg, Loretta Goggi, Malika Ayane che canta l'inedito Rido perché ti amo di Giuliano Sangiorgi. E Enzo Garinei alla sua ultima apparizione.

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Come mai, Ruffini, una storia d'amore?
«Perché da anni non mi commuovevo con un film italiano. È come se il cinema si vergognasse di parlare di sentimenti.

L'amore è invece un tema ultra-popolare. Forse un po' vintage, ma nessuno può considerarlo estraneo».


E lei, da quel lato lì, come sta messo? È innamorato?
«Certo. Da un anno ho una bellissima storia con l'attrice Barbara Clara Pereira (di origine venezuelana, affascinante, ndr). E nel film c'è anche la mia ex moglie Claudia Campolongo. Vivo circondato dall'amore».


Ci vuole coraggio oggi per parlare di sentimenti?
«Sì, perché il mondo è percorso da astio, ostilità, malevolenza. L'odio è una componente dei social: odio ergo sum. Invece l'amore è un arricchimento».


Come gestisce gli hater?
«Che devo fare. Li abbraccio fortissimo».


Addirittura. Vuole sfiorare la santità?
«Ma no, gli hater non mi fanno paura. Mi impensieriscono di più i ragazzi che con lo smartphone ormai fanno video e foto solo in verticale. Invece la bellezza è orizzontale, come un film visto sul grande schermo di una sala».

Perché ha preso attori fuori dal giro dei soliti noti?
«Ho voluto fortemente un cast fresco, non scontato. In Italia lavorano sempre gli stessi, non faccio nomi, ma che credibilità può avere un attore che gira 5-6 film all'anno? Appena lo vedi, sai già come la storia andrà a finire».


Il bambino che era sarebbe orgoglioso di lei?
«Credo di sì: ho mantenuto la promessa fatta a me stesso che sarei diventato regista».


È contento della sua carriera?
«Altro che. Oggi faccio solo le cose che mi emozionano per migliorare la vita delle persone. Anche con il sorriso».


Per un artista, il pensiero politicamente corretto è un bavaglio insopportabile?
«È un atto di violenza, una pratica fascista. Una commedia politicamente corretta è un ossimoro... Con i criteri di oggi non sarebbero esistiti Pasolini, Travolti da un insolito destino, Fantozzi, molti film di Fellini».


Chi decide, secondo lei, cosa è politically correct?
«Mille scappati di casa sui social, pronti a condannare una battuta e magari a giustificare lo schiaffo appioppato agli Oscar da Will Smith contro Chris Rock che aveva offeso sua moglie. Ma in uno stato di diritto per difendersi c'è la querela».


Cosa farà?
«Riprenderò con Ghini lo spettacolo Quasi amici e uscirà la commedia Uomini da marciapiede in cui sono un gigolò».


Rimpiange la fase uno della carriera, quando faceva ridere con doppi sensi e battutacce?
«Se voglio tornare all'umorismo più becero, doppio i famosi film in livornese stretto e poi li proietto a teatro».


Cosa significa per lei lavorare con gli attori down?
«Non lo faccio per generosità ma per egoismo: amo stare con loro, hanno una confidenza con la felicità che a me manca».

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