Paolo Ruffini racconta l'Alzheimer: «L'amore è la cura, pensare agli altri oggi è un gesto rivoluzionario»

Perdutamente, il film di Paolo Ruffini, è diventato un libro

Paolo Ruffini racconta l'Alzheimer: «L'amore è la cura, pensare agli altri oggi è un gesto rivoluzionario»
di Luca Uccello
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Mercoledì 31 Gennaio 2024, 09:30

Perdutamente, il film di Paolo Ruffini, è diventato un libro. Un film che nasceva, come racconta a La Repubblica, dall'esigenza dell’autore di incontrare il bene, l’amore, la cura, nel mondo delle famiglie che in Italia hanno avuto o hanno ancora una persona affetta dal morbo di Alzheimer.  E così in "Posso solo amare — Otto storie in cui l’amore è la cura", Paolo racconta tante storie d’amore: «Ho trovato interessante la possibilità di cambiare il punto di vista sulla realtà, presentare delle belle storie spostando il mio sguardo. L’idea era quella di raccontare storie legate da situazioni avverse, condizioni complicate e complesse, ma da un punto di vista diverso da quello del dramma, dove l’amore è la cura».

Non è un libro sull'’Alzheimer. Non lo è perché «avevo fatto un film d’amore, ho voluto fare un libro d’amore. Non racconto queste storie perché sono legate alla malattia come condizione negativa, ma perché le unisce l’amore, quello incondizionato che tutti cerchiamo». «Non amo la spettacolarizzazione del dolore, e so che sfortunatamente siamo attratti da quello che ci fa paura, ma l’idea era di provare a raccontare anche il dolore da un punto di vista differente.

Un film bellissimo come Inside out ci ha raccontato che la gamma delle emozioni è al novanta per cento negativa, solo Gioia è positiva, le altre sono Paura, Rabbia, Tristezza e Disgusto. È vero, siamo inclini alla malinconia ma anche attratti da quello che ci riaccende».

L'amore

Un libro diverso. Diverso perché «raccontare l’amore non va più di moda. Un tempo, se facevi un film romantico avevi grandi possibilità di successo, oggi non è più una scommessa vinta in partenza. Quindi sì, è controcorrente perché si basa su un assunto semplice: possiamo decidere, scegliere di non fare tante cose, ma non possiamo decidere di non amare, non abbiamo scampo, dobbiamo amare per forza».

A La Repubblica, Paolo Ruffini ripete: «Non è un libro sulla malattia ma sull’amore, non è sulla guarigione ma sulla cura. Siamo troppo incasellati nell’idea che la catastrofe sia normale, e così se parli d’amore a qualcuno lo sconvolgi, è una cosa sorprendente come andare da Cracco a chiedere un semplice panino. In questo senso è controcorrente e parla di storie meravigliose, tra le quali anche la mia, della mia ex moglie, di come noi proviamo a salvare qualcuno che amiamo, solo perché lo amiamo, senza chiedere niente in cambio». 

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