LA STORIA
Non più protagonista assoluto ma al centro di un gruppo di personaggi, la solita faccia da impunito, Pieraccioni racconta la storia di tre fratelli che, poco abituati a frequentarsi, si riuniscono per esaudire l'ultimo desiderio del padre morente: visitare tutti insieme a Parigi. Ma poiché il vecchio non ci vede quasi più, i figli lo scarrozzano in camper all'interno di un maneggio dietro casa facendogli credere, con l'aiuto di complici pronti a innalzare fondali di cartone e a travestirsi, di essere diretti proprio alla Ville Lumière. «Mi sono ispirato a una storia vera, quella di due fratelli toscani che negli anni Ottanta organizzarono un'analoga messa in scena a favore del padre in fin di vita», rivela Leonardo, «ne è venuto fuori un film pieno di tenerezza che ha commosso me per primo. Non sembra nemmeno mio...». Del risultato, aggiunge, «sono felicissimo, era venuto il momento giusto per raccontare questa storia per cui ho avuto anche l'approvazione di mia figlia Martina. Inoltre, pur essendo figlio unico, sul set ho trovato due sorelle: Chiara e Giulia che mi hanno messo in mezzo estorcendomi i segreti della mia vita, fidanzate comprese».GLI INCASSI
Dice di aver abbandonato la recitazione da cabaret: «In questo film ho rinunciato al ruolo di comico all'attacco e non è stato facile per uno, come me, abituato a fare il giullare». La crisi della commedia? «Ne sono state girate tante, troppe, destinate per di più a finire molto presto sulle piattaforme e il pubblico si è disaffezionato». Qualcuno gli ricorda gli incassi mostruosi dei suoi primi film come Il ciclone e Fuochi d'artificio («Ne rimasi quasi impaurito») e lui assicura di non voler andare in pensione: «Smetterò di esibirmi soltanto se mi costringeranno. Finché ci sarà qualcuno pronto a guardare i miei film andrò avanti». Rievoca una tragicomica serata in un teatrino di Campiglia Marittima, in provincia di Livorno, in cui dovette esibirsi «davanti a sei soli spettatori paganti: ma il loro applauso, per me, valeva quanto quello dei settemila accorsi nei palasport ad ogni tappa dello dello show che ho portato in tour con Panariello e Carlo Conti, e quella serata sfortunata è stata la più bella della mia vita. Chi è nato per fare oplà, cioè stare in scena, non rinuncia facilmente». Sono in vista altri film, fa capire Paolo Del Brocco, ad di RaiCinema coproduttrice con Levante: «Al di là dei potenziali incassi, Pieraccioni è un brand ancora fresco e attualissimo», afferma. Tanto più che l'attore, a differenza di tanti colleghi, non è disposto a farsi mettere sull'attenti dalla dittatura del pensiero politicamente corretto.I SOCIAL
«Il politically correct è una bischerata, un'esagerazione folcloristica destinata a tramontare», sentenzia, «me ne sono reso conto quando il mio bravissimo montatore Patrizio Marone mi ha suggerito di tagliare la scena di Pare parecchio Parigi in cui do uno scappellotto a mia sorella: temeva che risultasse inopportuna... Ha fotografato la situazione. Oggi certe battute del Ciclone farebbero scandalo. Come aveva previsto Umberto Eco, i social hanno dato la parola a tutti, pure ai bischeri. Ma tutto questo finirà». In una delle scene più divertenti di Pare parecchio Parigi c'è la "roulette russa" applicata ai telefonini: si manda un messaggio compromettente (tipo «Non te l'ho mai detto ma vorrei fare l'amore con te») a un contatto scelto a caso scrollando la rubrica e fermando il dito di botto. «È un gioco che abbiamo inventato con Giovanni Veronesi», rivela Leonardo, «un giorno il messaggio è finito al mio avvocato che nega di averlo ricevuto, ma da allora si siede sempre lontano da me».© RIPRODUZIONE RISERVATA