La vita di coppia tra Francesco Rutelli e Barbara Palombelli? «È noiosa - racconta scherzando l'ex sindaco di Roma a La Repubblica - Quarantaquattro anni sono davvero tanti». Un matrimonio longevo, una vera propria rarità: «È vero. Ma sa perché dura? Perché siamo liberi di stare insieme o di lasciarci ogni giorno. E l’alchimia funziona, e si rinnova. È cominciato tutto per caso. Barbara me la presentò un mio amico, alla fine di un comizio dei radicali. Era il ’79. Sceso dal palco, camminammo per le viuzze dietro il Pantheon e, devo dire, mi piacque subito. Ci siamo dati un mezzo bacio in via della Palombella».
E da quel giorno «non ci siamo più lasciati. Siamo andati a vivere insieme. Dopo tre anni insieme, ci siamo sposati. In Comune, in Campidoglio, con quattro familiari come invitati e un pancione di nove mesi a farci compagnia. Dopo la cerimonia andai all’Olimpico a vedere la partita». Prima in Comune, poi nel 1995 in Chiesa: «Anche qui, zero invitati. Non abbiamo neanche una foto: avemmo problemi con la macchinetta usa e getta». Una scelta che Marco Pannella non approvò. Per lui c'era solo il partito: «Diciamo che era sempre ironico sulle coppie: la sua famiglia è stata il partito. Era scettico. Del resto prima di Barbara avevo avuto un sacco di fidanzate, l’ultima una militante radicale…».
Un'intervista sull'amore. Sul loro rapporto di coppia. «Siamo sempre stati indipendenti. Come nelle scelte di lavoro. Anche se poi ognuno ha condiviso e appoggiato le decisioni dell’altro».
Un matrimonio con quattro figli, di cui tre adottati. «È stato difficile.
Gelosia? «No. È un sentimento troppo misero davanti all’amore». In 44 anni hanno mai avuto una crisi? «Guardi, a leggere su Internet io e Barbara ci siamo lasciati un sacco di volte. Anche di recente. Abbiamo raccontato in una trasmissione tv che il derby a casa lo vediamo in stanze diverse. E un sito ha titolato “Rutelli e Palombelli separati in casa”».
Di Barbara le piace «l’intelligenza». Ma non che tifi Roma. Se potesse Francesco Rutelli tornerebbe indietro nel tempo, «al giorno in cui mia madre se ne è andata. Avevo 19 anni. Erano dieci anni che combatteva contro il cancro. Dopo averle fatto l’ultima iniezione di antidolorifico mi prese la mano e me la strinse, guardandomi negli occhi finché non morì… Come a dire: “Mi raccomando, non mi deludere”. Vorrei stringere di nuovo quella mano e raccontarle come è andata la mia vita». E come è andata? «È andata come volevo: mai seguendo un copione già scritto»