Francesco Le Foche picchiato da un paziente: «Voleva che curassi il suo cane, quando è morto se l’è presa con me»

L'immunologo: «Non ricordo nulla del pestaggio, poteva ammazzarmi. E' una persona con problemi psichiatrici»

Francesco Le Foche picchiato da un paziente: «Voleva che curassi il suo cane, quando è morto se l’è presa con me»
di Alessia Marani
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Sabato 7 Ottobre 2023, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 11:19

Professore Francesco Le Foche (aggredito nel suo studio da un paziente, ndr) , innanzitutto, come sta?
«Diciamo che sto abbastanza bene, in volto e sulla testa così così: ho avuto una frattura zigomatica di sinistra e la sutura dell’occhio interno, ma dal collo in giù, insomma, credo sia tutto a posto. Sto rispondendo al telefono per dire a tutti che non sto per morire...».

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Lei è considerato da colleghi e amici un “ottimista” e durante la pandemia Covid, come infettivologo, è stato un punto di riferimento per tanti italiani impauriti. Non è che giovedì ad aggredirla è stato un No Vax?
«No, lo escluderei. Niente di tutto ciò».


Allora che cosa è successo?
«A dire il vero di quei momenti esatti non ricordo niente, ho un buco di un paio d’ore. Sono arrivato in ospedale in stato di incoscienza e sono stato sottoposto anche alla tac senza che me ne rendessi conto. L’aggressore lo conosco perché è stato un mio paziente. Lo avevo visitato tre o quattro volte a studio per una spondilodiscite (un’infezione alle vertebre, ndr). E la terapia era andata a buon fine. Ma...».

 


Ma?
«Un mese fa mi aveva ricontattato telefonicamente più volte. Aveva il cane malato e pretendeva che lo curassi come avevo fatto con lui. Era evidente che quel ragazzo avesse dei disagi mentali anche solo per avanzare una simile richiesta. Io gli rispondevo che doveva rivolgersi a un veterinario. Lui insisteva: “Eh no dottore lei può...”. È un paziente psichiatrico che probabilmente farà uso anche di stupefacenti».


E poi che cosa è successo?
«Il cane, sebbene seguito effettivamente anche da bravi veterinari che gli avevano detto che non si poteva fare nulla, è morto. E forse, questa è l’unica spiegazione che mi do per il gesto dell’altro pomeriggio. Il motivo per cui è entrato nel mio studio non lo so, ma l’unico elemento di discordanza tra noi è il fatto che io mi fossi rifiutato di curare il suo cane. Forse nella sua mente addebitava anche a me il decesso del cane. Se avessi potuto fare qualcosa, figuriamoci se non lo avrei fatto. Amo i cani, ne ho uno anche io. Ma questo giovane deve essere andato fuori di testa, non controllato da terapie. So che con lui c’era anche la mamma, una donna perbene, forse lasciata sola come tante altre mamme a combattere con i disagi psichiatrici dei figli».


Non ricorda nulla del pestaggio?
«No, devo essere stato travolto da colpi fortissimi. Quel ragazzo mi aveva detto di essere un pugile e un buttafuori. Ha un fisico prestante, è altissimo: un energumeno che si è scagliato contro di me che peso appena 63 chili. Poteva ammazzarmi».


Si era mostrato violento altre volte?
«So che la mattina aveva litigato anche al laboratorio qui accanto e poi al bar. Era paranoico».


Voi medici siete sempre più vittime di violenza...
«Sì vero, siamo molto esposti, specialmente quelli che lavorano al pronto soccorso e i medici di famiglia. Ma credo che nel mio caso si tratti più di un problema psichiatrico, del fatto che una persona così fosse fuori controllo».


Ma se lei faceva un altro mestiere magari non sarebbe successo.
«In queste condizioni si sarebbe potuto scagliare contro chiunque».

 

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