Enzo Paolo Turchi, il Tuca Tuca, i baci e i balli seminudi con Raffaella Carrà: «Per la Rai fu uno scandalo, lei temeva il licenziamento»

Il racconto del coreografo ospite al Rumore Bim Festival di Abano terme, contest dedicato alla regina della televisione

Enzo Paolo Turchi, il Tuca Tuca, i nudi e i baci con Raffaella Carrà: «Per la Rai fu uno scandalo, tememmo il licenziamento»
di Valentina Panetta
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Martedì 27 Febbraio 2024, 19:35 - Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio, 09:37

«Io e Raffaella Carrà abbiamo fatto molte cose che erano avanti rispetto all'epoca. Il Tuca Tuca al tempo fu scandaloso, così come il nostro ballo mezzi nudi, oppure il passo a due a Fontana di Trevi alla fine del quale ci baciammo in bocca. Anche quello fu uno scandalo. Ma era tutto bello e pulito, noi avevamo un rapporto bellissimo». Enzo Paolo Turchi, ospite al Rumore Bim Festival di Bellaria di Romagna, contest dedicato proprio alla regina della televisione, ricorda la sua «allieva nella danza e maestra nella vita». 

Come si è affacciato al mondo della danza?

«Io sono cresciuto da solo perché avevamo avuto un brutta disgrazia in famiglia, due mie sorelline morirono schiacciate da un carro armato, e mia madre impazzì per questo. Vagava in giro per la città e io non la vedevo mai. Anche mio padre sparì. Lo avrò visto tre volte in tutta la mia vita. La mia famiglia è stata il San Carlo di Napoli, entrai a teatro a 8 anni e mi diplomai a 17, furono i ballerini a prendersi cura di me. Se mi ammalavo andavo dal ballerino più anziano e chiedevo aiuto a lui. Ma non ero il solo, lì erano molti i bambini che come me non avevano niente».     

Poi è diventato primo ballerino...

«Diventai primo ballerino a 17 anni grazie alla mia strepitosa insegnante Bianca Galizia. Io ero allievo quando mi scelsero, ma il corpo di ballo si ribellò. Lei arrivo con il contratto e mi disse: "Tu da questo momento sei primo ballerino". Poi vinsi la borsa di studio per il Bolshoi ma non andai perché allora era pericoloso andare in Russia e lei stesso mi sconsigliò».

Rumore Bim Festival, al via il contest dedicato a Raffaella Carrà. Enzo Paolo Turchi e Samuel Peron a sostegno dei giovani talenti

Nel frattempo aveva conosciuto Raffaella Carrà? 

«La conobbi durante un lavoro lei aveva 17 anni e io 10-12 anni, lei faceva la fatina e io il bambino che cantava. Poi la conobbi meglio a Napoli del 1969 quando fece la sua prima Canzonissima, io accettai il lavoro ma poi fui costretto a partire per il militare, partii nella Brigata Missili. Fu un esperienza importante anche quella». 

Stava per arrivare il Tuca Tuca...

«Nel 1971 quando mi chiamò Gino Landi, nacque il Tuca Tuca, come un gioco. Fu di successo perché eravamo io e Raffella a ballarlo, Qualsiasi cosa facevamo era un successo. Per il Tuca Tuca ci aiutò molto anche Aberto Sordi. Il direttore generale della Rai disse che era un ballo osceno noi avevamo paura. Raffaella mi disse: "Ora ci licenziano tutti e due". Ma Alberto Sordi volle venire come ospite a Canzonissima a condizione di ballarlo, e da allora fu sdoganato». 

Quante volte ha preso una borsa in mano ed è andato altrove? 

«Io la mia borsa la tengo sempre pronta ancora adesso, questo mi è rimasto.

Mia moglie Carmen mi chiede spesso perché lo faccio. Io so che quella borsa prima o poi servirà. La presi anche quando, una volta diventato primo ballerino al San Carlo Di Napoli, arrivato già al massimo a 18 anni non avevo più stimoli. Preferii dare le dimissioni al teatro, prendere la borsa e andare all'estero, senza sapere dove andare, viaggiare è stata per me una scuola incredibile». 

Quale è stato il suo momento di riscatto dopo un'infanzia così difficile?

«Non ho mai pensato di essere arrivato, nella vita non si arriva mai. Quando mi chiedono i miei sogni nel cassetto io dico che i sogni non si devono davvero realizzare, altrimenti sono sogni e non progetti».

E i suoi sogni quali sono?

«Io sogno di volare, poter ballare in aria. E' qualcosa che non si può realizzare, ma posso sempre volare più in alto rispetto al sogno precedente».

Fino a quando vorrà continuare a lavorare?

«Fino alla morte. La fine di una persona è quando decide di fermarsi e non fare più niente, la vita è bella e va vissuta. C'è chi non è stato fortunato e chi pagherebbe milioni per vivere di più. Mi auguro che la mia, ora che sono avanti con l'età, si allunghi sempre di più».  

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