Francesco Menegatti è il figlio di Carla Fracci. Il suo primo ricordo di lei è il suo guardaroba. «I suoi abiti bianchi, le sue lane con cui trasmetteva calore. Aveva un enorme guardaroba tutto bianco». Al Corriere della Sera racconta che la camera da letto di suo madre si trasformava in un'officina con fisioterapisti e massaggiatori ma era soprattutto «un luogo inespugnabile, aveva una sua sacralità. È stato così fino all’ultimo».
La malattia
La malattia? «La affrontò con grande riserbo.
L'infanzia
Una mamma impegnata ma che «mi portava con lei quanto più possibile. L’ho seguita in tante tournée, in Giappone dove il pubblico alla fine degli spettacoli l’aspettava fuori del teatro come se fosse un rito. La volevano baciare, toccarle le mani». E quando non partiva con lei «la cercavo anche tra i suoi vestiti, nei maglioni a girocollo che sembravano neve». Una sola volta ha provato a indirizzarlo con la danza: «Solo una volta, in modo fuggevole. Passeggiavamo, si girò e mi disse, la scuola di danza della Scala, no? Risposi che non mi sembrava il caso».
I dispetti di Nureyev
Una persona umile, nata da una famiglia umile. «Mamma stava sulle punte - racconta ancora il figlio Francesco al Corsera - leggera come una piuma, avendo i piedi ben piantati per terra. Il divismo non era possibile». Tra le cose che le hanno dato fastidio la mancata direzione del corpo di ballo della Scala: «Non si dava pace, diceva: non capisco perché non mi hanno chiamata. Una risorsa così grande di arte e maestria non venne utilizzata. Fu ferita. I veri motivi non li disse mai». Domanda scontata su Nureyev. E Francesco, che oggi è un professore di architettura all'Università di Roma Tre, racconta che «era scostante, egocentrico, un gatto chiuso in sé stesso; una volta dopo Romeo e Giulietta alla Scala mamma reagì, era amareggiata, si conoscevano da tanti anni, lui in scena faceva dispetti, la mandava fuori asse per primeggiare».