Nicoletta Manni, nuova étoile della Scala: «Il sogno della maternità? Un passo alla volta, ci arriveremo»

Il convitto delle suore, le ore alla sbarra, il liceo pomeridiano, i piatti da lavare, le scarpette da cucire: c'è la tutta la vita di Nicoletta Manni, appena nominata étoile della Scala, nel libro “La gioia di danzare”. Dagli esordi a tre anni, l'amicizia con Bolle, le nozze con Timofej Andrijashenko

L'étoile della Scala Nicoletta Manni, 32 anni,
di Simona Antonucci
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Venerdì 10 Novembre 2023, 18:33

«La vocazione per la danza non si è accesa con una folgorante visione di una étoile in tutù. Ma è stata la naturale conseguenza di un fatto biografico. Mia madre era l’insegnante di danza della scuola di Copertino, dove sono nata, e io la seguivo ovunque anche al lavoro. Non ricordo una vita senza la danza. Ballare è sempre stato un gesto quotidiano. Non esiste un prima». Poi, però, è arrivato il concorso alla Scala a 12 anni, il convitto delle suore, le ore alla sbarra, il liceo pomeridiano, i piatti da lavare, le scarpette da cucire. E il debutto come topolino nello Schiaccianoci, l’incontro con le grandi eroine del repertorio classico, Tatjana, Odille, Odette, Giselle, l’amore con un collega, Timofej Andrijashenko, che le ha chiesto la mano durante Romeo e Giulietta, davanti a tutto il pubblico dell’Arena di Verona. Il matrimonio che ha fatto sognare i social e l'atra sera la nomina a étoile della Scala.

C’è tutta la vita di Nicoletta Manni, pugliese 32 anni, nel libro autobiografico La gioia di danzare, appena uscito per Garzanti (16 euro, 195 pagine e una raccolta di foto personali): il racconto della ballerina della Scala, dagli esordi, prima ancora di compiere tre anni, alla collaborazione con Carla Fracci, dall’amicizia fraterna con Roberto Bolle, ai palcoscenici di tutto il mondo. Un capitolo manca: la sua nomina a étoile della Scala, arrivata a sorpresa l’altra sera da parte del sovrintendente Dominique Meyer direttamente dal palco del teatro, al termine della rappresentazione di Onegin. Un fuori programma, tra lacrime e fiori, mai accaduto prima nel lirico milanese.

 

Cosa scriverebbe di questo avvenimento nel suo libro?

«Avrei aggiunto qualche pagina in più.  Un'emozione indescrivibile, anche se non cambia la struttura del mio percorso.

Certo che rappresenta una gratifica enorme, come quando, dieci anni fa,  diventai prima ballerina. Lo considero un nuovo inizio».

Verso dove?

«Incontro all’avventura che la vita mi riserva ogni giorno. Un rammarico però ce l’ho».

Quale?

«Scherzo. Quest’anno mi sono sposata e l’altra sera sono diventata étoile del teatro che mi ha cresciuta. Il 31 dicembre, la notte di Capodanno, non avrò desideri da esprimere».

Un capitolo sulla maternità lo scriverebbe?

«Un passo alla volta, ci arriveremo. Non c’è un momento giusto. Non si può scegliere. Ci siamo appena sposati ed entrambi desideriamo una famiglia. Io sono molto legata alla mia. E ho sempre cercato di colmare i vuoti della lontananza. Quando è arrivata la nomina i miei genitori erano appena ripartiti. Nessuno sapeva della cerimonia. Per caso, e per fortuna, c’erano mio fratello e Tima. Che emozione, quante lacrime».

Accanto a lei danzava Roberto Bolle, una figura sempre presente nei momenti chiave della sua vita: il debutto nello Schiaccianoci, l’annuncio del matrimonio, e l’altra sera, la nomina. Siete anche amici?

«Un amico carissimo e un punto di riferimento. Mi sento libera di chiamarlo ogni volta che ho bisogno di un consiglio. Quando debuttai incarnava ai miei occhi il mito, oggi danzare con lui è un piacere familiare».

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La nomina è arrivata mentre danzava Tatjana in Onegin: un ruolo che l’ha fatta tribolare... Nel suo libro scrive che è una donna assai diversa da lei. Perché?

«Triste, selvaggia, silenziosa, cerbiatta timida dei boschi, così la descrive Puskin. Tatjana rappesenta un capitolo importante della mia crescita. Oggi, per un motivo in più. Mi ha fatto scoprire una parte del mio carattere che non sapevo tirare fuori».

Quale?

«Il coraggio di sacrificare l’amore per valori in cui ha sempre creduto. Non pensavo di poter esprimere la sua drammaticità. Tatjana ha tante sfaccettature e necessita di una maturità interpretativa profonda. Una bambina che scopre il primo amore. Ma lui la delude, è un uomo, un nobile, annoiato, disinteressato alla passione di Tatjana. Lei impara ad accettare che la vita possa andare diversamente dai sogni. E quando lui torna sui suoi passi, lei ormai è un’altra. Ha fatto il suo percorso di libertà».

Lei è diventata étoile, suo marito è un primo ballerino. Tutto tranquillo?

«Mio marito è un ballerino fantastico. Tra di noi non c’è mai stata rivalità. Fin dal primo momento, quando io ero già una prima ballerina, lui ancora no. Siamo bravi a gioire delle felicità dell’altro. Condividiamo momenti importanti. Ci facciamo forza a vicenda».

E dietro le quinte, tra colleghi, la guerra c’è?

«Devo dire che non ho mai subìto questo clima. C’è la rivalità. Sì. Ma finché è sana competizione, ne traggo vantaggio. Il chiodo nella punta non me lo ha messo nessuno. Quando ci si impegna ad andare oltre i propri limiti, non c’è tempo per altro, l’obiettivo è già così grande».

Nel suo libro racconta di grandi sacrifici. Come pende la bilancia? Ne è valsa la pena?

«Oggi è bene equilibrata e non solo perché sono diventata étoile. Mi sento libera di manifestare quello che provo e di essere me stessa. E questa sensazione vale tutti i sacrifici».

Un vita nella danza che augurerebbe a una figlia o un figlio?

«Se rende felice si. Il sacrificio per raggiungere un obiettivo è un valore aggiunto. E alla rinuncia si impara ben presto. Non è così difficile».

A cosa non rinuncerebbe mai?

«Agli affetti».

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